Ora è il turno del Germanellum. E allora? Come in Germania, governi stabili, crescita economica, ammirazione dei popoli, tappeti rossi a Bruxelles? Non è detto. Non è detto intanto perché la riforma alla tedesca riguarderebbe solo il sistema elettorale. E quindi non ci sarebbe la sfiducia costruttiva (nessun governo e nessuna maggioranza cadono senza una soluzione di ricambio già pronta). Non c’è la fiducia individuale al solo Cancelliere. Non c’è, come in Germania, il potere del Cancelliere di decidere realmente l’indirizzo politicoamministrativo dell’esecutivo. Stiamo cioè parlando di un Germanellum comunque dimezzato. E poi non siamo ancora davvero al Germanellum, ma al Rosatellum, con la possibilità di candidature multiple, sia nell’uninominale sia nel proporzionale, e con l’elettore alle prese con candidati il cui nome comparirebbe bizzarramente più volte sulla scheda elettorale (tante volte quante sono le liste che lo appoggiano). I nsomma: sembra ci sia ancora qualche problema, tanto che si pensa di abbandonare quel modello appunto per il più comodo (e più proporzionale) sistema elettorale tedesco.
Che è un sistema più complicato di quel che si pensa, e sul quale si è intervenuti più volte per renderlo coerente alle scelte degli elettori. Due particolarità del sistema. La prima è che in Germania si vota solo per una delle due Camere, il Bundestag. Perché nel Bundesrat, la Camera alta, siedono i rappresentanti dei governi dei Länder (inutile arrovellarsi su cosa sarebbe successo con la riforma costituzionale renziana). E poi il numero dei seggi del Bundestag non è scritto in Costituzione come da noi, ma cambia di legislatura in legislatura. Il dettaglio del funzionamento del sistema spiega perché. La metà dei seggi (come nel Rosatellum e nel Germanellum) è assegnata in altrettanti collegi uninominali, l’altra metà viene eletta con il proporzionale. In Germania questo avviene con liste lunghe e bloccate, senza voto di preferenza, presentate in ogni singolo Land (mentre il Rosatellum prevede liste corte di due-quattro nomi).
In Germania si parte da 598 deputati da eleggere, un numero che dunque va diviso a metà, 299 in collegi uninominali, 299 eletti attraverso liste proporzionali. L’elettore ha una scheda sulla quale vota sia per la parte uninominale sia per quella proporzionale. Poi però la faccenda si complica. Si parte dal calcolo proporzionale, su base nazionale, del numero dei seggi spettanti a ciascun partito, scartando i partiti che non hanno preso globalmente il 5% o non hanno vinto in almeno tre collegi uninominali (il che non vale per le minoranze nazionali). Poi si vede quanti di questi seggi spettano a quel partito in ciascuno dei Länder in proporzione ai voti che ha preso. Per occupare i seggi cui i singoli partiti hanno diritto, si prendono i candidati eletti nei collegi uninominali del Land in questione. Se avanzano seggi, si attinge alla lista bloccata presentata dal partito in quel Land. Se invece quel partito ha vinto in un numero di collegi uninominali superiore ai seggi che gli spetterebbero su base proporzionale, conserva i 'seggi in più'. Ecco perché alla fine il numero complessivo dei deputati cresce. Se i seggi in più sono un certo numero, il numero totale degli eletti cresce non poco.
A partire dalle prime elezioni per la Germania riunificata, il Bundestag è giunto ad avere 672 deputati, in quello attuale sono 631. Ma ci si è accorti che per il gioco dei 'mandati in più' poteva accadere paradossalmente che un aumento dei voti di lista potesse portare a una perdita di seggi e viceversa. Insomma, a un partito poteva convenire prendere meno voti di lista per ottenere un maggior numero seggi. Questo poteva accadere se un partito avesse preso meno voti in un Land ma, come previsto dalla legge elettorale, avesse mantenuto i collegi uninominali conquistati. Per preservare la proporzione nazionale tra seggi e voti, sarebbe scattato un seggio in più in un altro Land. Meno voti, più seggi.
Negli ultimi anni la Corte Costituzionale tedesca è dovuta intervenire due volte. Nel 2008, ha stabilito la parziale incostituzionalità della legge elettorale, obbligando i partiti a scriverne una nuova. E nel 2012, ha stabilito che la nuova legge, adottata a maggioranza da cristiano democratici e liberali l’anno prima, era anch’essa da cambiare. Così, i coscienziosi tedeschi si sono rimessi al lavoro e hanno approvato la legge con la quale andranno a votare a settembre. In base a questa legge, verrà dapprima stabilito il numero minimo di seggi spettanti a ciascun partito (che abbia superato la clausola di sbarramento). Ci saranno poi 'seggi in più' (come prima) e si avranno 'seggi compensativi', necessari perché tutti i partiti raggiungano il proprio numero minimo di seggi. Nel fare questo, il numero iniziale di seggi da attribuire, vale a dire 598, verrà elevato in misura tale da far concordare tutte le condizioni poste dalla legge, garantendo da un lato che chi vince nel collegio uninominale risulti eletto, dall’altro che la distribuzione dei seggi rispetti proporzionalmente il voto degli elettori.
Altra questione è la governabilità, perché nulla garantisce la semplificazione del quadro partitico. Solo tra il 1961 e il 1983 i partiti presenti nel Bundestag sono stati tre. Prima e dopo il loro numero è stato superiore. Erano dieci nel 1949, sia pure con una clausola di sbarramento attenuata, nel 1983 sarebbero diventati quattro (con l’apparizione dei verdi). Dal 1990 fino al 2013 sono stati cinque, con la Linke, erede degli ex comunisti della (ex) Germania Est, per tornare quattro nell’attuale legislatura. Nella prossima, con il ritorno dei liberali e l’arrivo di Alternative für Deutschland, potrebbero diventare sei. Il sistema elettorale tedesco vuole evitare la frammentazione del quadro partitico, ma non ridurne magicamente il numero. Anzi: l’ambizione è che movimenti diffusi, sensibilità forti, istanze riconosciute e condivise siano pienamente rappresentati e presenti in Parlamento. Insieme alla sfiducia costruttiva, alla fiducia al solo Cancelliere e ad altri importanti istituti (non ultimo un federalismo effettivo ed efficiente), l’obiettivo è di dare vita a un quadro istituzionale stabile, equilibrato e fortemente legittimato.