Gentile direttore,
sono contenta di poter seguire in diretta (via web) i lavori dell’aula al Senato. Sui media si legge, si ascolta e si vede di chi “vuole” o di chi “non vuole” la legge sulle unioni civili che è stata portata di forza in quella stessa aula e, poi, di regolamenti, ostruzionismo, emendamenti-canguro e, ancora, di diritti, democrazia, inganni, trabocchetti... Tecnica o politica che sia, la soluzione dovrà cercare un pochino più di verità e di responsabilità, sia nei contenuti della normativa sia nei metodi usati per darle vita. Se non ci si preoccupa di andare a leggere direttamente e personalmente il ddl Cirinnà, dai notiziari – e dallo stesso dibattito d’aula – non si riesce a cogliere quasi niente degli articoli riguardanti le coppie di fatto: non sono parte della legge? Non c’è discriminazione proprio nella legge stessa, che si vuole fare per superare... discriminazioni? Non si presenta una legge solo a metà? Forse l’iter procede a rilento perché testo e dibattito sono troppo interessati e non completamente trasparenti. Si potrebbe suggerire ai senatori di andarsi a guardare le registrazioni delle sedute, così si renderanno conto di che cosa vede chi decide di mettere per davvero gli occhi su questa storia. Grazie per il vostro lavoro e saluti.
M. Teresa Fazzini
Lei, gentile signora Fazzini, è giustamente critica sulla pochezza contenutistica e sulla scarsa trasparenza complessiva del dibattito e dell’informazione a proposito di quello che viene ancora chiamato ddl Cirinnà (visto che è basato sul testo inizialmente predisposto dalla ex relatrice, la senatrice del Pd Monica Cirinnà). È sempre così quando non si discute e non si approfondisce davvero, ma ci si affronta a colpi di slogan e gli interessi (politici, ideologici o semplicemente di potere) che si perseguono c’entrano ben poco con l’obiettivo di fare una legge saggia e giusta. Tale andazzo negativo, come lei ha verificato con intelligente puntiglio di elettrice (e lettrice) andando a vedere su internet le sedute d’aula a Palazzo Madama, si manifesta non solo in Parlamento, ma anche sui giornali, in tv e in troppe pubbliche manifestazioni. Nonostante la buona volontà di alcuni, il vaniloquio sentenzioso impera. È più facile, per esempio, parlare in modo enfatico e rivendicativo di “amore” (sebbene sia da Stato totalitario l’idea di una legge che definisca e “legalizzi” l’amore!) che offrire valutazioni e dati utili per capire l’impatto di una data scelta normativa in materia previdenziale. Oppure per rendersi conto delle pesanti conseguenze che un’innovazione fatta alla leggera in campo adottivo ha sulla pratica e sulla stessa possibilità dell’adozione, ma soprattutto sulle persone coinvolte – che non sono solo coloro che desiderano un figlio, ma ovviamente e prima di tutto i bambini desiderati, e ogni essere umano che in una storia speciale come questa può finire, e oggi effettivamente finisce, trattato da “cosa” perciò venduto, comprato, usato, rimosso… O, ancora, per considerare l’effetto che produce la pretesa (realizzata in alcuni Paesi del mondo) di sovrapporre convivenze omosessuali e matrimoni – con gay e lesbiche strumentalizzati (c’è chi se ne è accorto, per fortuna) e sfruttati per incentivare altre strumentalizzazioni e altri sfruttamenti nel nuovo e potenzialmente infinito mercato dei gameti umani e dell’affitto di donne ridotte a fattrici di figli destinati ad altri.
Dei buoni lavori di Commissione, con audizioni e riflessioni adeguate, e un dibattito politico e mediatico liberato dagli inchini al “politicamente corretto”, dalle rigidità ostili e dal luogocomunismo sarebbero stati molto utili. Noi – come altri, ma probabilmente, lo dico senza alterigia e senza allegria, di più – continuiamo invece, giorno dopo giorno, a sforzarci di mettere a disposizione di tutti una seria volontà di ascolto della realtà ed elementi di valutazione non banali e non piegati dal (e al) pregiudizio. Anche se a volte viene fatta, ridicolmente o malignamente, una caricatura assurda di ciò che sosteniamo e dei motivi del nostro impegno (ho visto su altre testate pezzulli e lettere che ci attribuiscono affermazioni, distrazioni e fissazioni mai scritte e mai avute, e c’è chi fa circolare questo ciarpame senza batter ciglio e senza verificare…), noi non ci perdiamo d’animo, non ci zittiamo di certo e stiamo sui fatti. E così io prendo atto con lei che in Senato «l’iter procede a rilento». Una conferma, al netto dei legittimi giochi politici in corso, che ci sono materie che non sopportano precipitazioni e prove di forza. Con meno arroganza e più rispetto si potrebbe realizzare un vasto consenso politico e popolare su norme amiche della persona umana (e, dunque, della verità) e della Costituzione. Per «unioni» originali, che non imitino il matrimonio e non tradiscano il patto che fonda la civile convivenza nel nostro Paese. Non sono certo che sarà così, ma spero proprio che il tempo delle forzature, delle cortine fumogene e degli slogan sia finito. Grazie a lei, gentile signora, per questo serio messaggio al Palazzo. Ricambio il suo saluto.