Caro direttore,
sabato 12 giugno ho partecipato, presso la sede Avis di Brescia, a un incontro tra donatori di sangue. All’uscita ho 'agganciato' un giovane donatore che fieramente mostrava il libretto dell’avvenuta donazione. Dai tratti somatici non era italiano. Gli ha chiesto l’età e quante donazioni avesse già fatto. Mi ha risposto di avere 23 anni e di aver già donato tre volte. Visto che ero claudicante, mi ha preso sottobraccio per aiutarmi a camminare. Si è realizzato così un fatto piccolo eppure grandioso. Un fratello di religione islamica aiutava un fratello cristiano sofferente a camminare. Buon lavoro.
Francesco Zanatta Brescia
I fatti di ordinaria umanità, caro amico, sono tutti piccoli e grandiosi. Magari ce ne rendiamo conto solo a distanza di tempo, magari siamo distratti e non ce ne accorgiamo, ma qualche volta la 'luce' si accende e, così, vediamo bene la direzione verso la quale, claudicanti o no, venendo sostenuti o a nostra volta sostenendo, dobbiamo saper andare. Mi pare che dare il sangue per gli altri e dare una mano, o il braccio tutto intero, a chi se ne può giovare sia un bel segno di concreta fraternità per tutti, e ancor più per noi che desideriamo seguire Gesù Cristo, che il sangue l’ha donato totalmente e che ha lasciato che le sue membra fossero trafitte per noi. Lei sottolinea anche l’ingrediente della comune sensibilità e della diversa appartenenza religiosa, in questo caso cristiana e musulmana, dei protagonisti del suo breve racconto autobiografico. A me pare che questo ci dica che cosa significa e a che cosa porta credere in Dio e 'appartenergli' come figli e liberarsi, invece, da quell’idea proprietaria per cui è Dio che appartiene a noi e alla nostra visione del mondo. La solidarietà, per quanto umile, è sempre segno di adesione al disegno divino per noi e parla a tutti.