Una delle rare eccezioni di fiera, che sembra aver mutuato proprio l’adagio dei raduni rurali, è l’Artigiano in Fiera, che si svolge ancora in questo weekend a Milano, nei padiglioni di Rho-Pero. Un’esposizione costruita anno per anno, che ha la sua forza proprio nell’artigianalità degli espositori che arrivano da ogni parte: 113 i paesi rappresentati e 2.900 gli espositori. Non è una fiera settoriale, ma neppure generalista: è una fiera dedicata al tema del lavoro, soprattutto delle piccola impresa famigliare che svolge ancora una manualità unica, ereditata dal passato. E ovviamente c’è anche tanta alimentazione della tradizione italiana.
Ora, questa fiera che ogni anno arriva ad accogliere un numero di persone che si legge in milioni, ha pensato di diventare stabile con una piattaforma web, Make Hand Buy, per cui sarà possibile intercettare in rete tutti gli artigiani incontrati ad «AF». Un segno dei tempi, certamente, ma anche un superamento del concetto espositivo tradizionale. Per chi come me la visita tutti gli anni, fin dall’inizio, questa fiera è principalmente una scuola di comunicazione, dove non sempre l’apprendimento è assimilato, soprattutto da parte di quegli enti locali che continuano a presentarsi in maniera folkloristica, talvolta col vino offerto nei bicchieri di plastica. Avete mai visto un francese fare lo stesso? E i tedeschi come si presentano? Ecco, la scuola è dettata da questa possibilità di osservazione, preziosa quanto mai oggi, alla vigilia di un Expo dove rischiamo di rappresentare la nostra polverizzazione, ridicola e inefficace. Anche perché alle fiere di un tempo (come anche ad AF), ci si va per progredire, non principalmente per autocelebrare. E l’Expo è esattamente questo.