In queste settimane in cui le aperture di giornali e telegiornali sono calamitate dalla crisi politica e dalla pandemia di Covid-19, come se le due questioni non fossero in realtà una sola, occorre attenzione su quelle notizie apparentemente minori, secondarie, e che hanno invece ben altra natura. Anche straordinaria.
Il Ponte Morandi resterà come una delle tante cicatrici sul corpo del nostro Paese, in quel crollo morirono quarantatré persone. Nella dinamica dell’incidente, ancora al vaglio dei giudici, e nella successiva ricostruzione emergono tutti gli ossimori di cui siamo fatti noi italiani, tanto incapaci nell’ordinaria amministrazione quanto geniali nel tuffarci in opere grandiose. Dobbiamo scottarci con il fuoco, solo in quel caso sappiamo reagire, toglierci di dosso la nostra indolenza e presunzione. È notizia di queste ore la vicenda di Roberto Battiloro, padre di Giovanni, una delle quarantatré vittime del crollo. Il figlio aveva appena ventinove anni. Giovanni si trovava a transitare sul ponte per andare con i suoi amici verso la Spagna, per trascorrere assieme una vacanza, quando gli si sbriciolò sotto le ruote della macchina. Roberto Battiloro si trova a Genova per l’incidente probatorio relativo al processo che sta cercando di stabilire le responsabilità del disastro.
Ma la notizia non è questa, è un’altra. Gli avvocati di Autostrade lo hanno contattato diverse volte negli ultimi tempi per proporgli un risarcimento, si parla di un milione di euro, ma lui ha sempre rimandato al mittente l’offerta. Il motivo è presto detto. Non gli interessano i soldi. Vuole arrivare alla verità, premessa fondamentale per l’azione della giustizia. L’esercito di avvocati, oltre settanta, della controparte si è arrestata di fronte alla volontà di un uomo solo. Molte famiglie delle altre vittime (non tutte) hanno accettato il risarcimento, e nessuno può biasimarli, basta mettersi nei panni di chi oltre al dolore della perdita di un proprio caro ha perso pure la fonte del proprio sostentamento. Ma Roberto non se l’è sentita, semplicemente perché la vita di un figlio e il denaro appartengono a due unità di misura diverse, e inconciliabili dal suo punto di vista. Perché, e nessuno può dire il contrario, quanto vale la vita di un ragazzo di ventinove anni?
Allo stesso modo, come si può quantificare l’amore di un genitore? I suoi ricordi, i sacrifici fatti per tirare su quel figlio perso tragicamente, tutta la vita trascorsa assieme. Roberto Battiloro nel rinunciare all’offerta di risarcimento ha ristabilito un principio fondamentale, eppure oggi trattato al pari di una rarità, se non di bizzarria bella e buona. Questo. La vita umana non ha prezzo Perché il denaro non può comprare tutto. E chi ha nelle proprie mani le briglie del potere, in tutte le sue declinazioni possibili, deve ricordarselo tutte le volte che tenta di mettere a tacere chi altro non vuole che verità e giustizia. Questa vicenda pone anche un altro accento su cui riflettere. Quello che può fare un uomo solo spesso non riesce a eserciti interi. Nel farsi esempio, nel rendere concreta la sua visione, spesso nel concedersi senza riserve al sacrificio. Un uomo solo, ognuno di noi, può essere padrone di gesti epocali, anche nella nostra anonima, almeno all'apparenza, normalità. Di fronte al momento storico e politico, alle capriole carpiate dei tanti aggrappati alla loro posizione, il gesto di Roberto Battiloro è naturale per quanto rivoluzionario. Sta lì a dire questo. Si ricordino i padroni della giostra, i tanti che sentono di poter competere con Dio di fronte agli altri esseri umani. Mai mettersi contro l’amore di un padre.