«È il tempo della vergogna», come papa Francesco ha scandito con amarezza dalla finestra dell’Angelus domenicale, esprimendo tutto il suo dolore per gli innocenti annegati nei giorni scorsi nel Mediterraneo. Questa ennesima tragedia non è stata neanche più di tanto evidenziata dai mass media, alcuni l’hanno 'vista' per qualche ora, dopo che 'Avvenire' l’aveva annunciata e denunciata in solitudine, ma già ieri non l’hanno più fatta vedere tenendo lontano dalle prime pagine anche la voce del Papa. E questa vasta indifferenza è aggravata dal silenzio assordante dei governanti europei. Per non parlare di quelli del continente africano. Ognuno con proprie responsabilità che puntualmente vengono sottaciute.
Sapere e fingere di ignorare rende correi di una insopportabile ingiustizia che è sotto gli occhi di tutti. Uomini e donne giovanissimi, bambini e neonati vedono spegnersi per sempre il loro sogno di una vita migliore: persi negli abissi di un mare-cimitero dove sono costretti ad affrontare non solo l’imprevedibilità del maltempo, ma anche l’omicida scaricabarile dei 'responsabili' della sicurezza marittima perpetrato contro le più indifese delle creature. Individui con un nome e cognome, ridotti a numeri, crocifissi e condannato all’oblio anche da un’opinione pubblica massicciamente anestetizzata da una velenosa propaganda d’odio, dallo sconcertante ritorno di forme di razzismo che speravamo definitivamente sepolte tra le ignominie della storia. Ma, qui, oggi ,a trovare sepoltura in una bara d’acqua sono soltanto i condannati al Golgota del Terzo millennio che globalizza la disumanità invece della solidarietà.
L’uomo che non vuole cambiare il suo cuore volge lo sguardo dal lato opposto, si rifiuta di vedere quei piccoli inabissarsi. Così rimuove il fastidioso 'sospetto' che siano identici per dignità, valore e diritti ai propri figlioletti al sicuro sotto le coperte di un benessere dato per scontato e che rende sordi all’altrui grido di aiuto. Ecco la vergogna che Francesco denuda alle nostre coscienze: nessuno che si dica cristiano può sentirsi autorizzato a negare soccorso e carità a chi gli tende la mano. Nel 2021, con le enormi possibilità messe a disposizione dalla tecnologia è scandaloso che per due giorni si assista inermi alla lenta agonia di un gruppo di disperati che implora salvezza e che gli allarmi delle Ong (le cui imbarcazioni umanitarie, tutte tranne una, sono bloccate in porto da controlli sempre più assidui e provvedimenti sempre più frequenti) ricevano solo cortese, ma inutile e gelido riscontro. Politici di ogni colore e nazionalità – con davvero poche e davvero meritorie eccezioni – come risposta hanno sempre e soltanto il silenzio, la vaghezza o l’aperta viltà di rilanciare continuamente la palla di una polemica sterile e opportunista, trasformata in una occasione di (vero o presunto) tornaconto elettorale. Sullo sfondo dell’uso cinico e diabolico delle altrui sofferenze si staglia la cronica attitudine di ripudiare le concrete soluzioni in grado di scongiurare queste stragi degli innocenti. Perché non si punta convintamente sull’unica strategia che ha dato risultati misurabili ed effettivi, i 'corridoi umanitari'? Solo con vie legali e controllando con lungimiranza l’ingresso in Europa si tolgono sanguinose opportunità di guadagno ai trafficanti di carne umana e si possono monitorare e indirizzare i flussi migratori. Non c’è nulla di più colpevole che complicare una situazione per renderla irrisolvibile. Se ne ricordino gli 'statisti' del Vecchio Continente che prima o poi dovranno rispondere alla storia e alle coscienze. Ma oltre gli abissi che custodiscono i poveri resti degli invisibili c’è la giustizia divina a cui tutti saremo sottoposti.
Sacerdote, Associazione Giovanni XXIII