Renato Zero
Caro direttore,
scrivo a proposito delle perplessità suscitate in me nel vedere su “Avvenire” del 21 maggio, nella sezione “Agorà”, un articolo su Renato Zero. Grande impaginazione, quasi da pareggiare per importanza le pagine precedenti su san Giovanni Bosco e Jacques Maritain. Trovo deleterio avvicinare nel quotidiano «l’istrione» Renato Zero a personaggi di indiscussa superiorità morale e intellettuale. Renato Zero ha sempre sfoggiato la propria diversità e ne ha fatto il veicolo principale del proprio successo. La critica poi e i mass media, pur di fare cassetta, l’hanno osannato, per non dire deificato. Poi ci sorprendiamo se i giovani emulano queste persone che dopo aver combinato di tutto nella loro gioventù (e forse anche ora), si presentano con la veste di nuovi intellettuali, anzi come è stato presentato da “Avvenire”, nuovi profeti. Certo il mito della perfezione che scarta il disabile, che elimina il feto non sono che il frutto di quella cultura cui Renato Zero apparteneva, il mito dei “sorcini”, dei ragazzi di strada. In questa ondata modaiola dove chi fa scalpore la vince, consiglierei di tralasciare articoli su personaggi che fanno cassetta e audience, e di evidenziare solo veri intellettuali, che non mancano nella nostra società, purché al di là delle tante parole siano concretamente e moralmente ineccepibili.
Germana Malcisi
Gentile signora Germana, rispondo per incarico del direttore. E le dico subito che comprendo e rispetto le sue legittime critiche, ma non mi sento di condividerle. Innanzitutto, se lo spazio dato a Renato Zero è simile quello degli articoli su san Giovanni Bosco e Jacques Maritain, le posso assicurare che la scelta risponde solamente a logiche tipografiche e non certo contenutistiche.
E comunque, in merito ai contenuti, confermano un nostro tenace costume: intervistiamo e diamo voce a tanti tra coloro che fanno e dicono cose davvero interessanti e, ovviamente, sappiamo operare i dovuti distinguo, specialità in cui non siamo carenti o distratti (e chi ci segue e ci legge da tempo, lo sa... ). Siamo poi consapevoli che molti artisti cosiddetti “leggeri” contribuiscono potentemente alla costruzione dell’immaginario collettivo e del lessico sentimentale, civile e persino religioso di tantissimi. E che lo fanno almeno altrettanto, e a volte ben di più, di quegli intellettuali militanti che lei invoca e che noi, comunque, ascoltiamo assai spesso.
Renato Zero, nella bella intervista realizzata dalla nostra inviata Lucia Bellaspiga, si è presentato semplicemente come un uomo e un cantautore, peraltro uno dei più bravi e apprezzati dalla critica e dal pubblico. I concetti che ha liberamente espresso sono in linea quasi del tutto con le nostre opinioni in merito a valori etici che ci sono cari (a cominciare dalla difesa della vita). Le risposte date alle domande della nostra collega suonano civili e puntuali, anche se qualche volta – per chi segue Zero da tempo – non completamente “inedite”. Se avesse voglia di andare a ritroso nel tempo, scoprirebbe che nella discografia di un cantante e autore che lei riconosce soltanto come padre del “mito dei sorcini” c’è un uomo e un artista che ha fatto un percorso sicuramente eccentrico e pittoresco, ma pienamente coerente con le opinioni rilasciate al nostro giornale che sono di rispetto dei valori etici fondamentali e soprattutto di rispetto verso gli altri.
Renato Zero ha saputo farlo anche ogni volta che è salito su un palcoscenico: la sua “Ave Maria” cantata a Sanremo è esempio di una spiritualità sofferta e sincera, per qualcuno sorprendente o addirittura spiazzante. Non così per chi, come noi, non “battezza” mai nessuno per forza o per calcolo, ma crede totalmente – proprio come ci è stato saggiamente insegnato e ci viene sovente ricordato – nella forza e nella straordinaria fantasia dell’amore di Dio.
Massimiliano Castellani