Mare Mediterraneo, 27 marzo 2019. Un mercantile turco ha soccorso 110 migranti nel mare al largo della Libia. I salvati, vedendo che la nave faceva prua verso sud, si sono ribellati e hanno costretto il comandante a dirigersi verso l’Europa. Pirateria, tuona Salvini, «mai sbarcheranno in Italia». Intanto la "Elhiblu 1" s’avvicina alle acque maltesi. Malta sta schierando le sue navi militari per impedire che possa accedervi.
Pirati, dirottamenti, incrociatori allineati a difendere una linea di mare. Ha un brutto sapore questo giorno di primavera sul Mediterraneo. Che potranno fare quelle navi militari a un cargo carico di fuoriusciti dai lager libici? Sbarrargli la strada? Scacciarlo, ma come, e verso dove? Verso quale porto?
La Ong "Mediterranea Saving Humans" ricorda all’Europa che chi fugge dai campi di detenzione libici ha diritto a un approdo sicuro e all’asilo, secondo la Convenzione di Ginevra. Convenzione di Ginevra? Sembra roba ormai di altri evi. Sul Mare Nostrum si è aperto un nuovo orizzonte. Le navi delle Ong sono quasi tutte bloccate o sequestrate nei porti, in diversi Paesi. È una cosa molto grave, ha detto il Papa in un’intervista a un giornalista spagnolo, e si è chiesto: «Vogliono che i migranti anneghino?». In questi giorni di mare calmo gommoni e barchette continuano a partire dalla Libia, benché nessuna nave militare o civile sia in grado di soccorrerli.
Dalla Libia si parte ugualmente, disperatamente, come se la morte in mare facesse meno paura che quelle prigioni per detenuti senza colpa. Alcuni ce la fanno, piccole imbarcazioni approdano nascostamente sulle nostre coste. Altre arrancano fra Malta e Lampedusa. La sera del 23 marzo la Guardia costiera maltese lancia la segnalazione di un gommone con 41 persone a bordo, partito dalla Libia e non approdato da nessuna parte. Poi alle Capitanerie di Porto sono cominciate a arrivare le telefonate di parenti che chiedevano notizie dei congiunti. Le motovedette libiche non si sono mosse. Le navi Ong erano paralizzate. La missione europea Sophia di fatto è ferma, svuotata. «Nessuno li sta cercando», ha dichiarato l’Onu riferendosi ai 41 del gommone svanito, e questa breve frase dovrebbe far riflettere, oltre il rumore dei 'pirati' della 'Elhiblu 1'. «Nessuno li sta cercando»: una denuncia drammatica, di cui quasi nessuno si è accorto. Magari quei 41 sono fra quanti sono stati soccorsi ieri dalla Marina libica. Magari sono ancora in mare, alla deriva, o sono già andati a fondo, in silenzio. Ciò che non è visto, testimoniato, ciò che non fa il giro del web, non esiste. Come non fosse mai successo. Ed è questo che può accadere e forse già accade nel Mediterraneo.
Le navi dei soccorsi se ne sono andate, le motovedette libiche tardano a intervenire o non si muovono, i cargo mercantili se anche avvistano i gommoni talvolta, testimoniano i migranti che sono arrivati vivi in Italia, proseguono per la loro strada: ci sono i tempi di consegna da rispettare, e anche la paura di questi disperati, miserabili 'pirati'.
Così in questo nostro mare, fittamente navigato, sorvolato da aerei civili e militari, in questo mare che sui radar delle Guardie costiere pullula di mille punti luminosi, e ciascuno è una nave, è possibile scomparire nel nulla. Ti dicono: il naufragio non è dimostrato, magari sono arrivati a terra, chi lo sa. Ti dicono che non si può parlare di morti, se semplicemente un gruppo di uomini e donne e bambini non si trova più. Giornalisticamente si potrebbe dire: manca la notizia. Sì, manca perché nel Mediterraneo ci sono sempre meno riflettori, telecamere, testimoni. E ciò che accade in silenzio, lontano dai nostri occhi, semplicemente 'non' è. Del resto molti, in questa Italia innamorata degli slogan solisti del sovranismo più repulsivo, non vogliono proprio questo? Non vedere, non sapere. Vogliono pensare ai problemi propri, che sono tanti; alle speranze e alle paure proprie, al rendimento dei Bot, a scrivere su Facebook, a tentare la fortuna al gratta-e-vinci. Ciò che davvero accade nel Mediterraneo a molti non interessa. E quei gommoni, quegli uomini disperatamente pronti a tutto, quelle donne incinte, i pianti dei bambini nel mare nero, di notte, sono miseria e disperazione invisibile, un libro che potrebbe farci stare male e che, d’altronde, davvero ci riguarda? Il Papa se lo chiede e ce lo chiede con accorato dolore. Ma è un libro oscuro, che non vogliamo aprire.