venerdì 8 ottobre 2010
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Caro direttore,anch’io sono un medico e mi associo a gran parte di ciò che afferma il professor Bassi Luciani (Avvenire del 3 ottobre) sulla legge 194/78. Mi permetto però di ricordare che la sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 12/2/1975 affermò la liceità costituzionale del solo aborto terapeutico diretto a proteggere, non solo la vita, ma anche la salute della madre. Perciò non sono costituzionalmente ammissibili né l’aborto a semplice richiesta della donna, né l’aborto eugenetico.Per conformarsi, solo formalmente, a questa sentenza, il legislatore ha regolamentato con la legge 194/78 il solo aborto terapeutico, stabilendo però che, nel caso di gravi anomalie o malformazioni, l’aborto è legale fino alla 24ma settimana di gravidanza perché mettere al mondo un figlio malato o con una malformazione rappresenta un pericolo per la salute, anche solo psichica, della madre. La legge 194/78 ha perciò "di fatto" introdotto l’aborto eugenetico, presentandolo però come un aborto terapeutico, cioè come un mezzo per tutelare la salute, in questo caso solo psichica, della madre.Ora, se lo scopo della legge non è quello di eliminare i feti malati o malformati, ma solo quello di tutelare la salute psichica della madre, la legge stessa dovrebbe vietare l’interruzione di gravidanza quando la malattia o la malformazione potrebbero essere adeguatamente curate o corrette prima o dopo la nascita. Questa proibizione attualmente non esiste nella legge 194/78.Nel recente incontro tenutosi a Roma fra medici cattolici e politici, di cui ha scritto Avvenire, il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha parlato di «adeguare una legge vecchia alla nuova realtà». Questa nuova realtà consiste anche nel progresso della medicina e della chirurgia neonatale e infantile e nella nascita della chirurgia fetale, per cui molti bambini non nati, che oggi vengono abortiti per non mettere in pericolo la salute psichica della madre, potrebbero nascere e vivere in buona salute. Dei circa 3.500 aborti annuali nel secondo trimestre di gravidanza forse la metà potrebbero essere evitati. Sarebbe importante se il sottosegretario Roccella considerasse l’opportunità di proporre una modifica della legge 194/78 nel senso che ho indicato.

Roberto Algranati, Merano (Bz)

Nel ragionamento che svolge, caro dottor Algranati, trovo l’aspirazione seria a un buon diritto assieme a una bella consapevolezza scientifica da medico. In giro, invece, continuo a vedere tanta "scienza" sbandierata in senso apparentemente compassionevole e in realtà subdolamente anti-umano. Niente di nuovo, dirà, lo sappiamo da tempo. Già, e sappiamo anche quanto ancora oggi, nonostante i continui sviluppi della medicina e della chirurgia (dai quali si distolgono incredibilmente occhi e considerazioni), sia difficile anche solo immaginare "interventi" su una legge come la 194, che per troppi diventa totem intoccabile soltanto quando si tratta di applicarla e migliorarla in senso favorevole alla vita del bambino non nato. Per di più la cronaca ci propone senza tregua tentativi di forzare e svuotare (si pensi solo al caso della Ru486) sia quel poco di tutele e cautele per la madre e per il nascituro che nella 194 pure si delineano, sia (proprio in queste ore ne stiamo avendo altre prove) le regole di garanzia della legge 40 sulla procreazione assistita, che non è certo una legge "cattolica" ma ha posto sensato argine alle disumanità e alle speculazioni del far west precedente. Detto questo, riconosco e sottolineo volentieri anch’io, come lei, gentile amico, il costante e limpido impegno di Eugenia Roccella, oggi sottosegretario alla Salute, su tematiche così delicate e importanti. Ma, poiché so che su questi fronti l’iniziativa è tradizionalmente e giustamente del Parlamento, non posso certo nascondermi (del resto siamo costretti a segnalarlo e a documentarlo, con desolante frequenza) che ci sono forze attive e potenti che puntano invece a sfrenare definitivamente l’aborto e a imporre l’idea che sia un "diritto". Continuo, tuttavia, ad augurarmi che riescano a maturare e a manifestarsi ampie e trasversali volontà politico-parlamentari tese a tradurre concretamente nel nostro sistema normativo l’autentico progresso scientifico e la cultura della vita. Non ci si può arrendere. E conforta ciò che è accaduto ieri nella Strasburgo del Consiglio d’Europa che riunisce ben 47 Paesi. L’aspro e incivile attacco condotto in sede di assemblea parlamentare addirittura contro il diritto del personale sanitario all’obiezione di coscienza è stato respinto su tutta la linea: un testo che doveva essere di drastica limitazione è ridiventato di tutela. A ogni tempo, le battaglie giuste e necessarie. E l’esito – grazie a Dio e alla buona volontà di donne e uomini – non è scritto in partenza.

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