Uno studio valuta i Piani nazionali di ripresa e resilienza di Italia, Portogallo e Spagna sotto il profilo del benessere dei cittadini e della diminuzione delle diseguaglianze nei diversi territori - Ansa
Le pari opportunità territoriali sono una delle priorità trasversali della Recovery and Resilience Facility. Capire quanto le politiche messe in campo dai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza siano adattate ai territori è il focus della ricerca commissionata dalla Foundation for European Progressive Studies (Feps) e svolta in collaborazione dal Forum Disuguaglianze e Diversità (Fdd) e dall’area di Scienze Sociali del Gran Sasso Science Institute (Gssi) dell’Aquila, che analizza il ruolo dei Pnrr sulla coesione territoriale.
Prendendo come casi studio i Pnrr di Italia, Spagna e Portogallo la ricerca si interroga sul potenziale impatto di questi investimenti sulle disuguaglianze territoriali e il benessere dei cittadini, soprattutto quelli che vivono in aree del paese più periferiche e, per molti versi, marginalizzate. Ci si chiede “Quante delle politiche proposte nei Pnrr sono place-sensitive?”, cioè sensibili alla dimensione spaziale. Quanto quindi possono essere efficaci nei diversi contesti territoriali, assicurando vere “politiche per le persone nei luoghi”?
Cruciali appaiono due elementi. Il primo è la governance, che deve essere multilivello, cioè combinare il ruolo delle autorità centrali con un’adeguata discrezionalità dei governi locali, garantendo che le diverse politiche lavorino di concerto per abbinare interventi politici dall'alto verso il basso (Ue, nazionali) e dal basso verso l'alto (regionali, locali). Il secondo è la partecipazione della società civile. Solo la partecipazione attiva dei cittadini permette di raccogliere l’ingente quantità di conoscenza dispersa sui territori – anche attraverso un dibattito acceso, ma informato ed equilibrato – e metterla a fattor comune per disegnare politiche efficaci e propriamente democratiche.
I tre Pnrr analizzati possono essere visti come delle “arene di distribuzione” dove compaiono molti interessi organizzati e il potere politico si presta ad offrire garanzie a tutti i gruppi abbastanza forti da sostenere le proprie rivendicazioni. I gruppi strutturati hanno accesso al processo di policy al di fuori dei percorsi istituzionali e vanificano eventuali aperture partecipative del processo, che risultano, infine, mere operazioni simboliche e di facciata. Questo sembra essere il caso di tutti e tre i casi nazionali indagati o perché emerge una tendenza alla “distribuzione” volta a soddisfare più interessi, talvolta anche in un'ottica compensativa (es. Italia) oppure perché si osserva una concentrazione su aree specifiche economicamente e politicamente più forti (es. Portogallo). L'analisi della dimensione partecipazione nei tre Pnrr rivela che in nessun caso sono state definite le condizioni necessarie per predisporre una consultazione informata, aperta e ampia sulla definizione dei bisogni (sia sociali che territoriali) e delle sfide da affrontare, nonché dei relativi possibili interventi.
Anche la dimensione territoriale all'interno dei tre Piani è in generale piuttosto debole. Le politiche intersettoriali risultano poco integrate e mancano di un focus territoriale ben definito che tenga conto delle condizioni e delle sfide specifiche dei luoghi. Tuttavia, qui alcune differenze emergono fra i tre paesi. Il Portogallo è, forse anche sorprendentemente data la sua storia recente, il paese in cui l'aspetto territoriale è meno evidente. L’Italia e la Spagna lo includono, ma con un focus diverso. Mentre l’Italia rivolge particolare attenzione all’individuazione dei luoghi abbandonati e delle loro sfide, la Spagna parla soprattutto della sfida demografica.
Le cose non vanno meglio sul fronte della governance, dove il ruolo dei governi locali nella programmazione e attuazione dei piani, sebbene ciascun Paese risulti caratterizzato da approcci diversi, è minimale. Gli attori locali e regionali non sono motivati a svolgere un ruolo costruttivo e di guida nella politica, ma hanno piuttosto un impegno passivo verso gli assetti di governance, che sono visti come unidirezionali e centralizzati. È chiaro come il fattore tempo abbia giocato un ruolo decisivo (e purtroppo negativo) nell’assicurare sia una partecipazione attiva della società civile sia un coinvolgimento degli attori istituzionali locali. Le tempistiche incredibilmente strette sono state un deterrente per entrambi, ma c’è da chiedersi se questo risulterà in una futura ridotta efficacia dei Pnrr e non sostenibilità degli investimenti fatti.
Nonostante gli ingenti effetti differenziati della pandemia da Covid-19 abbiano reso evidente, ancora una volta, quanto la geografia sia importante quando si affrontano gli impatti di qualsiasi tipo di choc, e nonostante il rischio che questa crisi ampli le disuguaglianze territoriali esistenti, come sottolineato in modo allarmante da molti studi (tra gli altri in “Un futuro più giusto. Rabbia, conflitto e giustizia sociale”, di Fabrizio Barca e Patrizia Luongo, Il Mulino, 2020), la più o meno estesa cecità spaziale dei Pnrr di Italia, Portogallo e Spagna potrebbe minare gravemente l'efficacia dei piani, nonché la coesione sociale e territoriale di questi Paesi.
Correggere la rotta in corsa è difficile. Le criticità e le fragilità emerse nella fase di progettazione dei piani possono però fare da monito nella fase di implementazione, la quale necessiterà di un monitoraggio costante e continuo delle implicazioni delle misure a livello territoriale e sociale.
Le raccomandazioni enunciate nello studio potranno favorire, inoltre, un auspicato processo di miglioramento dell’assetto di governance multilivello, al fine di consentire, nella fase di attuazione, un'adeguata e reale divisione dei compiti tra autorità comunitarie, nazionali e locali, che possa curvare davvero le politiche ordinarie alle esigenze dei territori. Questo cambiamento di cultura è indispensabile, non solo per tradurre gli interventi in un miglioramento effettivo delle condizioni di vita dei cittadini, ma perché la crisi Covid-19 ha reso tutto più urgente.
Sandra Faggian è professoressa Ordinaria e Direttrice Scienze Sociali Gssi, Gloria Cicerone è Ricercatrice Gssi. Con Giovanni Carrosio e Giulia Urso hanno elaborato e scritto il policy study “Place-based vision in Nrrps. “How place-sensitive are Nrrps?”, commissionato dalla Foundation for European Progressive Studies (Feps), nell’ambito del progetto Recovery Watch di cui fa parte anche il Forum Disuguaglianze e Diversità. Lo studio viene presentato oggi alle 14 al Cnel durante il seminario “Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: valutare per migliorare”.