Gentile direttore,
nel tempo ci sono storie che si intrecciano e danno onore o rammarico. Anche tante storie personali, ma non di meno quelle che caratterizzano la nostra vita nazionale. Penso alla tragedia di Cutro. I sogni dei potenziali immigrati sono tutti ora a mare: da quello della campionessa che voleva curare il figlio disabile in Europa, alla sposa promessa al ragazzo siriano che da anni lavorava in Germania, a quella della giornalista afghana. Vicende inaudite, per fortuna onorate dal grande presidente Mattarella, uomo di valore che conosce i casi più tristi accaduti, ma li supera con l’arte delle sensibilità culturale, della prossimità e, stavolta, anche del silenzio abissale. Più triste, a mio avviso, è la responsabilità che cade comunque in capo al governo, tanto reclamato da chi si candidava a premier quando Draghi lo dirigeva, ma ora palesemente inadeguato in momenti così difficili. Ne parlerei volentieri con la premier Meloni, per invitarla a uscire da metodologie inadatte e puntigli adolescenziali. Cosa significa, gentile presidente Meloni, «non potevamo salvarli»? Glielo chiedo sommessamente perché oltre la legge del mare c’è quella della vita e quella del rispetto dello spirito e della lettera della nostra Costituzione. Un bravo poliziotto veneto, Domenico Zorzino, ha perso la vita per l’anziano che voleva salvare! Quanti lottano per gli altri, da chi dovevano avere avvertimenti? Asserire poi che Frontex non ha dato comunicazioni, assomiglia al comportamento di molti studenti che omettono di impegnarsi nei propri adempimenti, adducendo motivazioni come « non sapevo, non volevo e non potevo ». Qui concludo con questo racconto che, per quanto ho cercato di richiamare, macchia purtroppo la storia del nostro popolo, che ha fatto e ama la Costituzione e ha lottato con la vita, e con il lavoro, per essa.
Giancarlo Marcelli, già preside Castelraimondo (Mc)
Grazie, gentile professor Marcelli, caro preside. Capisco la sua dolente protesta e trovo coinvolgenti i suoi argomenti che si specchiano nelle cronache che abbiamo fatto e nelle domande che continuiamo a farci. Ha ragione: chi non vuol caparbiamente fare i conti con i propri errori o le proprie mancanze e omissioni, finisce per ripetere – come certi svogliati (che magari siamo stati anche noi) – «non sapevo, non volevo e non potevo»... Quando, però, c’è in ballo la vita di esseri umani e i valori della nostra civile convivenza che la Costituzione da tre quarti di secolo scolpisce magnificamente, e che la coscienza cristiana rende chiari da millenni alla nostra gente, questo semplicemente non si può dire e soprattutto non si deve fare.