venerdì 10 ottobre 2014
Le molte regole che definiscono la sovranità di un paese. Quando uno Stato è indipendente? Dipende solo dagli altri. (Piergiorgio Pescali)
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​L’Is, lo Stato Islamico, combatte seminando violenza e terrore, per imporre al mondo una nuova "nazione", un grande Califfato islamico. Nei giorni scorsi la Svezia ha annunciato di essere pronta a riconoscere lo Stato Palestinese. La Scozia ha da poco deciso, attraverso una consultazione referendaria, di restare con la Gran Bretagna rinunciando a un’indipendenza che avrebbe aggiunto un altro tassello nelle cartine politiche. Stati, Paesi, Nazioni: in modo pacifico o violento, è uno scenario che muta di continuo, come insegna la storia. Ma quante sono, in realtà, le nazioni nel mondo? A prima vista sembrerebbe una domanda banale, in realtà i parametri utilizzati per definire un Paese libero ed indipendente, dotato cioè di un proprio governo e proprie istituzioni parlamentari e legislative, sono diversi a seconda dello Stato o dell’istituzione che li decide (pur semplificando tra Stato, Nazione o Paese). Il metro più comune per definire se una nazione può definirsi sovrana o no è la sua partecipazione come membro ufficiale alle Nazioni Unite che riconoscono 193 stati, a cui se ne sommano altri due con lo status di osservatore: la Santa Sede (Vaticano) e la Palestina.
Un altro modo per individuare l’indipendenza di un territorio, sicuramente più burocratico, meno intuitivo ed utilizzato più per fini commerciali, è il codice Iso 3166-1 pubblicato dall’International Organization for Standardization. Questo codice è una serie di due o tre lettere e di numeri che vengono assegnati ad ogni territorio che ottemperi ad una delle seguenti caratteristiche: sia un membro delle Nazioni Unite; faccia parte di una delle agenzie ufficialmente riconosciute dall’Onu oppure sia riconosciuto dallo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia. Pur non indicando necessariamente l’indipendenza di uno Stato vi sono 249 aree geografiche individuate da questi linguaggi cifrati. Tra questi territori neutrali come l’Antartide (codice numerico 010, Iso 3166-1 Alpha-3 Ata e Iso 3166-1 Alpha-2 Aq), colonie come la Groenlandia (304, Grl, Gl), le isole Falkland (238, Flk, Fk), o giurisdizioni come Guernsey (831, Ggy, Gg) o l’Isola di Natale (162, Cxr, Cx).
Più complicata e dibattuta è la lista degli stati parzialmente o addirittura totalmente non riconosciuti, ma che, per diverse ragioni, hanno proclamato unilateralmente la propria indipendenza. Vi sono quattro stati indipendenti de facto, regioni facenti parti di nazioni riconosciute ufficialmente dalla comunità internazionale, ma che gestiscono forme di governo in completa autonomia: la Transnistria, ufficialmente parte della Moldova, l’Ossezia del Sud, regione della Georgia, il Somaliland, parte della Somalia ed il Nagorno-Karabakh, reclamato dall’Azerbaijan. A questi stati, ormai completamente separati dalle nazioni di cui originariamente fanno parte, manca solo l’approvazione ufficiale perché siano riconosciuti internazionalmente. Altri stati, invece, entrano nella lista delle nazioni parzialmente riconosciute. Sono Paesi che hanno riconoscimenti diplomatici solo da parte di alcune nazioni membri delle Nazioni Unite, in quanto altre ne reclamano i diritti di sovranità. L’esempio storicamente più famoso è rappresentato da Taiwan (Repubblica di Cina) che, pur non essendo membro ufficiale dell’Onu, conserva un seggio speciale nell’assemblea con il nome di Taipei. Taiwan non è riconosciuta dalla Repubblica Popolare Cinese, che ne reclama il territorio, ma sono ben 21 gli stati membri delle Nazioni Unite che, invece, accreditano sue rappresentanze diplomatiche. Da notare che la stessa assemblea delle Nazioni Unite ha riconosciuto la Repubblica di Cina come ambasciatrice ufficiale del popolo cinese fino al 1971, quando si decise di ritirarle il seggio per consegnarlo alla Repubblica Popolare Cinese.
Altro retaggio della Guerra Fredda è rappresentato da due nazioni, entrambe membri dell’Onu, che reclamano vicendevolmente i territori l’una dell’altra: sono le due Coree. La Repubblica Democratica Popolare di Corea (Corea del Nord), non è riconosciuta da Giappone e Repubblica di Corea (Corea del Sud); viceversa l’esistenza di quest’ultima non è accettata dalla Corea del Nord. Entrambe le rappresentanze, però, sono presenti con propri rappresentanti all’Onu. La nascita di Israele nel 1948 ha aperto una profonda ferita nel Medio Oriente tanto che ad oggi trentadue stati non riconoscono lo Stato sionista. In Africa il contenzioso tra Marocco e la Repubblica Araba Democratica del Sahrawi, che reclama l’indipendenza da Rabat, divide la stessa Unione degli Stati Africani. Il riconoscimento della Repubblica, accettato a diversi livelli diplomatici da 84 nazioni, è spesso oggetto di attriti durante le riunioni delle varie assemblee internazionali. Per restare nell’ambito europeo, la Repubblica di Cipro Settentrionale (Repubblica Turca di Cipro Nord) ha il riconoscimento della sola Turchia, che a sua volta non riconosce la Repubblica di Cipro, mentre il Kosovo, che ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza nel 2008, ha il riconoscimento diplomatico di 108 nazioni membri delle Nazioni Unite. L’Abkhazia, riconosciuta da Russia, Nicaragua, Venezuela, Nauru e dalle nazioni indipendenti de facto Transnistria, Ossezia del Sud e Nagorno-Karabakh, è reclamata dalla Georgia.
Anche in ambito sportivo le nazioni che partecipano alle varie competizioni non sempre seguono il riconoscimento ufficiale. Il Comitato Olimpico Internazionale (Coi) riconosce 204 olimpiche, nove in più rispetto ai membri delle Nazionali Unite. Le ultime delegazioni sportive ammesse sono quelle di Montenegro e di Tuvalu, mentre l’unico Stato membro dell’Onu che non ha una propria squadra olimpica è la Santa Sede. Tra le nazionali olimpiche figurano squadre che, in termini politici e amministrativi, sono territori coloniali quali Hong Kong (Repubblica Popolare Cinese), le Isole Cook (Nuova Zelanda), Aruba (Paesi Bassi), i territori britannici di Bermuda, le Isole Vergini Britanniche e le Cayman, mentre Porto Rico, Isole Vergini, Samoa Americane e Guam sono territori statunitensi che partecipano con propri team e bandiere. Il Coi non ha accettato le candidature di Macao, Kurdistan Iracheno, Polinesia Francese, Niue, Nuova Caledonia, Isole Marianne Settentrionali, Gibilterra, Cipro Nord, Kosovo, Catalonia, Abkhazia, Turks e Caicos, Montserrat, Anguilla e Somaliland.
Anche la mappa della Fifa, la federazione a cui fanno a capo le nazionali di tutto il mondo sconvolge la concezione tradizionale di nazione. Sono 209 le squadre aderenti all’associazione; la sola nazione membro dell’Onu che non ha una nazionale di calcio non è, come sarebbe logico pensare, la Santa Sede, la cui nazionale è stata fondata nel 1972 e che non ha chiesto di entrare nella Fifa, ma le Isole Marshall. Un discorso a parte viene fatto per il Regno Unito che, per tradizione ha iscritto quattro nazionali: Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Accanto alle squadre britanniche, vi sono altre diciotto équipe che hanno rappresentanze nella Fifa pur non essendo stati indipendenti. Sono le nazionali di Macao e Hong Kong (politicamente appartenenti alla Repubblica Popolare  Cinese), le Isole Faroe (Danimarca), la Nuova Caledonia e Tahiti (Francia), Aruba e Curacao (Paesi Bassi), le Isole Cook (Nuova Zelanda), Turks e Caicos, Montserrat, Isole Cayman, Bermuda, Isole Vergini Britanniche e Anguilla (Regno Unito), Porto Rico, Guam, Isole Vergini e Isole Samoa Americane (Stati Uniti). L’ultimo Paese la cui nazionale di calcio è stata ammessa nella Fifa è stato il Sud Sudan, indipendente dal 2011. Un segno di speranza per questo popolo martoriato.
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