«Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi per gli interessi di persone che si conoscono ma che non si uccidono». Un detto attribuito a Pablo Neruda che fa riflettere, e che è da riaggiornare in giorni come questi. La guerra mette a rischio la vita di milioni di persone che non hanno potere, a causa della decisione di uno (o di pochissimi) con enorme potere che la vita non rischia. Un tema che emerge dal fallimento diplomatico di questi giorni è allora quello di ridurre la capacità di ricatto di potenti come Vladimir Putin, pronti a fare la guerra per raggiungere i propri obiettivi.
La Russia, che Putin governa con pugno di ferro, ci fornisce più del 40% del nostro fabbisogno di gas. Ebbene, paradossalmente, mentre pensiamo di applicare nuove sanzioni alla Russia per l’aggressione in corso, proprio la guerra aumenta il prezzo del gas, rendendo i bilanci russi più prosperi e le nostre bollette più care: soldi che pagano i carri armati che invadono l’Ucraina. La lezione che stiamo imparando è, dunque, duplice. Da una parte dobbiamo diversificare le fonti di approvvigionamento di una fonte fossile di cui ancora non possiamo fare a meno e che anche la Ue ha inserito nella transizione verde. Di gas abbiamo e avremo ancora bisogno in molti settori (industria, trasporti pesanti) e per colmare, fino a un adeguato sviluppo tecnologico, i 'buchi' d’intensità di produzione di energia da fonti rinnovabili. Dall’altra dobbiamo procedere con ancora più speditezza nella campagna di progressiva emancipazione dalle fonti fossili (più inquinanti e climalteranti) che è strategica per raggiungere l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050 e di ridurle del 55% entro il 2030.
Il vantaggio della crescita progressiva delle rinnovabili è, a sua volta, duplice. Da una parte la lotta all’emergenza climatica e, aggiungiamo, la riduzione dell’inquinamento dell’aria (seconda causa di morte nel mondo). Dall’altra le considerazioni strategiche emerse ora in tutta la loro drammaticità: un’Europa che dipende meno dal gas russo è un’Europa più libera. Vento e sole non ci arrivano via gasdotto per gentile concessione di Putin (che tra l’altro negli ultimi mesi ha deciso di ridurre di quattro quinti le forniture in Europa contribuendo all’impennata del prezzo del gas per soddisfare la domanda dei 'più amici' cinesi aumentata significativamente negli ultimi tempi). Il 'combustibile' delle rinnovabili è gratuito e il suo prezzo non è deciso da qualcuno (Opec per il petrolio, Russia tra gli altri per il gas) che può manipolarlo strategicamente per i propri interessi.
Cittadini e imprese, in questi stessi giorni, denunciano i costi dell’energia, che rischiano di risultare insostenibili per molti (e infatti il governo continua a intervenire per mitigarli). Ma sempre in questi giorni prosegue, in varie parti d’Italia, un cammino di progresso sociale e civile. Ci sono centinaia di Comuni più o meno grandi che stanno lavorando per far nascere comunità energetiche e diventare 'prosumer' di energia da fonti rinnovabili.
Con le possibilità fornite oggi dalla costituzione di 'comunità energetiche' è possibile percepire un premio per l’autoconsumo dell’energia prodotta e vendere le eccedenze al gestore della rete, riducendo la dipendenza del nostro Paese da fonti di energia costose e usate in modo ingiusto e persino odioso.
I giornali registrano il rischio che la guerra russa e la conseguente 'crisi del gas' ci inducano a riaprire alcune centrali a carbone. Ebbene, è notizia di qualche giorno fa che la maggiore azienda produttrice di carbone in Australia ha anticipato di otto anni la transizione (lì obbligatoria per legge) verso la produzione di nuove fonti di energia per motivi di convenienza di mercato. Insomma: il mercato va veloce e ha già scelto e ci dice, oggi, che il fotovoltaico ha i costi di produzione di energia (inclusi quelli di costruzione e installazione degli impianti) più bassi tra tutte le diverse fonti. È la politica che rischia invece di andare troppo lentamente. La tragedia del popolo ucraino ci consegna la consapevolezza che c’è un ulteriore, serissimo motivo per proseguire con celerità la transizione verde.