prof. Fabrizio Polacco, Roma
Caro direttore,vorrei denunciare all’opinione pubblica quello che sta accadendo in questi giorni sulla pelle dei giovani, futuri cittadini europei. Nella Riforma Gelmini della scuola secondaria accade che la Geografia come disciplina autonoma scompaia in alcuni indirizzi degli Istituti tecnici dove era presente nei curricula come disciplina professionale o è ridotta a poche ore, mentre nei Licei è insegnata all’interno delle discipline letterarie. Questa scelta, a mio parere, penalizza i giovani di saperi essenziali ed insostituibili, oltre a privarli dei valori formativi che sono alla base di tale disciplina. Mi riferisco all’educazione interculturale, ai valori della tolleranza, al rispetto dell’ambiente oltre ai concetti che rendono un cittadino consapevole in un mondo globalizzato e aperto ai cambiamenti. Non è valido sul piano educativo mettere da parte, per una certa insensibilità pedagogica, l’unicità del sapere a cui ogni cittadino ha diritto e a cui tutte le discipline concorrono per una scelta mirata solo al risparmio economico, quale è la prospettiva che ha mosso la Riforma della scuola superiore. Sono allibita, alla luce della mia più che trentennale esperienza di docente che tra qualche anno lascerà la scuola per questa scelta. Quanto accade nella realtà italiana ci allontana dall’Europa e mortifica i nostri giovani studenti nel diritto di essere persone aperti alle richieste professionali del mondo di oggi ma anche del futuro. Mi auguro che chi ha il compito istituzionale di decidere sappia mettersi in gioco considerando gli effettivi interessi civili.prof. Maria Patrizia Bellincontro, Bari
Chi ci segue sa quanta attenzione prestiamo al tema della scuola nella molteplicità delle sfaccettature in cui si declina: dalla libertà educativa al diritto allo studio, dalla didattica al rapporto con le famiglie, dall’integrazione dei ragazzi immigrati al rapporto col territorio... Abbiamo guardato alle varie fasi del processo di riforma che nell’ultimo decennio hanno coinvolto il panorama scolastico senza porre paletti pregiudiziali, ma valutando in ogni occasione la corrispondenza delle scelte a un disegno realmente evolutivo, sul piano dell’efficacia didattica come su quello della crescita civile. Con queste premesse, è per me naturale associarmi alle vostre perplessità, cari professori. L’obiettivo condivisibile di riduzione del monte ore di lezione nella scuola superiore va modulato con un’accurata considerazione delle priorità. E considerando quanto cruciale sia oggi il problema dell’integrazione dei nuovi cittadini, cioè degli immigrati, appare poco lungimirante la scelta di comprimere proprio le materie scolastiche in cui più naturalmente il confronto tra le culture può trovare spazio. So bene che ogni scelta ha un corrispettivo economico; in questo caso vorrei questo fosse valutato non soltanto sulla base del costo-docente, ma anche considerando l’indubbio guadagno di giovani cittadini più consapevoli e integrati. Dal mio punto di vista il risultato giustifica ampiamente il prezzo. Spero che, alla fine, sia così anche per Ministero e Parlamento.