Caro direttore, in questo periodo nei telegiornali non si fa che parlare di assenteismo nel lavoro pubblico (pur timbrando, poi i lavoratori se ne vanno a spasso). Giustamente essi vanno richiamati e sanzionati. Tuttavia mi chiedo, proprio a partire dalla mia esperienza personale, dove erano i loro superiori ovvero coloro che erano preposti al controllo delle presenze? Non ritiene che anche questi ultimi andrebbero puniti o quantomeno richiamati? La loro negligenza non procura forse danno pari a quello dei lavoratori assenteisti?
Pietro Albergoni San Giovanni Bianco (Bg) Penso, caro signor Albergoni, che a ognuno tocchi la sua parte di responsabilità. E penso che le negligenze che svalutano il lavoro negli uffici e nei servizi pubblici siano imputabili sia ai dirigenti che dirigono poco e male sia ai dipendenti che non fanno il proprio dovere (e non dimentico di certo le storture prodotte dalle degenerazioni corporative – o, peggio, di camarilla – della sacrosanta tutela sindacale). Credo anche che l’«infedeltà» di chi non si impegna e serve nelle funzioni pubbliche di cui è incaricato con «disciplina e onore», secondo la bella immagine della nostra Costituzione, debba avere necessarie e serie conseguenze. Per la mia esperienza di cronista, e di cittadino, mi sento anche di dire che la pensa come lei e come me una davvero grande maggioranza dei lavoratori delle diverse amministrazioni pubbliche. I lavoratori onesti e coscienziosi – nel settore pubblico come in quello privato – sono sempre le prime vittime dei furbi, dei disonesti, dei senza coscienza. Vittime, anzi, due volte: per le ricadute sul loro lavoro quotidiano e per le dosi di ingiusto sospetto e persino di insulto che subiscono immeritatamente. Marco Tarquinio