Le grandi difficoltà dell’ora presente richiedono un sussulto di consapevolezza e di partecipazione che non sia circoscritto alla pur necessaria dimensione tecnico-politica. In quest’ottica, che riguarda insieme cittadini, istituzioni e società civile, una responsabilità particolare spetta ai cattolici, portatori di una visione e forti di una presenza che possono recare un grande contributo al risveglio delle coscienze. Il rapporto tra cattolici e politica è all’ordine del giorno. A farlo tornare di attualità concorre la sfida lanciata dal drammatico intreccio tra crisi economica e infinita transizione della politica, le cui riforme sembrano non arrivare mai. Il momento ora richiede uno sforzo convergente da parte di quanti rivestono ruoli di pubblica responsabilità come pure dei singoli cittadini. Non mancano i segnali della volontà di uno straordinario impegno collettivo, riconoscibili nella disponibilità di tanti a farsi carico dei sacrifici necessari, mentre rimane quasi intatto dinanzi a noi il compito di coniugare misure congiunturali e progetti per il futuro del Paese: la gravità del momento non tagli frettolosamente fuori ciò che va appena oltre i quotidiani bollettini economici.
Sarebbe ingeneroso non riconoscere gli sforzi che governo e istituzioni stanno compiendo; ma sarebbe miope sottostimare la feconda operosità disseminata nei territori, spesso priva di risalto nella cronaca e nella rappresentazione mediatica. Tanta parte di questo sforzo, dai vertici istituzionali alla base popolare, ha nome o anche solo sensibilità cattolica. Senza pretesa di esclusiva, i cattolici sono parte viva e significativa della coscienza morale del Paese, e in questo momento contribuiscono in maniera determinante, sia essa palese o discreta, all’attraversamento di questa fase della sua storia. La terapia che essi praticano discende da una diagnosi che mostra necessario rimuovere le cause oltre che alleviare i sintomi. Bisogna che i provvedimenti adottati abbiano l’efficacia del lungo periodo e possiedano la qualità di interventi strutturali. Le vere risposte alla crisi sono quelle che inducono a guardare lontano, che provano a dare una soluzione ai problemi in una visione progettuale, in modo che la crisi rappresenti non solo un problema ma anche un’opportunità.
La situazione di emergenza non sembra di breve periodo; perciò la tentazione sarebbe adesso la divisione, la fallace risposta della lotta di tutti contro tutti. Dalla crisi non si esce esasperando i conflitti e lo spirito di contesa, ma praticando rinnovata solidarietà e nuova amicizia civica. L’Italia è stata grande quando, nei momenti difficili, tutti si sono fatti carico e si sono presi cura l’uno dell’altro. Questo è tempo di risveglio della consapevolezza che ci lega un destino comune, che solo insieme supereremo le prove che ci attendono e per ciò stesso inizieremo a ricostruire.
È in questa direzione, e non da ora, che si muove la Chiesa in Italia, innanzitutto con il costante richiamo magisteriale - a partire dalle parole di Benedetto XVI - ai princìpi e ai valori costitutivi del senso autentico della persona, della vita, della società ("l’etica della vita e della famiglia - ci ha ricordato in questi giorni il cardinale Bagnasco - non è la conseguenza ma il fondamento della giustizia e della solidarietà sociale"). In tale orizzonte si colloca il discernimento della situazione e della evoluzione della collettività attraverso lo strumento delle Settimane sociali e di altre istanze della riflessione cristianamente motivata, come pure la proposta di percorsi formativi promossi dalle chiese locali e dalle aggregazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana. Tutta la comunità ecclesiale si sente chiamata a far crescere la coscienza della responsabilità comune nei confronti del Paese. Non abbiamo interessi di parte da difendere, ma bene comune da promuovere. E il primo bene comune di cui l’intero Paese ha bisogno consiste in un rinnovato e rafforzato senso civico e dell’interesse generale. Oggi siamo in grado di vedere come la spregiudicata speculazione finanziaria e l’esasperazione dell’individualismo etico- culturale di piccoli gruppi minacciano pericolosamente la vita di tutti, perché dilapidano ricchezza collettiva accumulata lungo decenni a forza di laboriosità e di risparmio, e tutto un patrimonio di tradizioni di valori e di vita buona. Finché non riconosceremo che la crisi si annida nei comportamenti individuali e particolaristici, non impareremo che da lì inizia il riscatto che farà vedere la luce ora e negli anni a venire, necessario ancor prima di ogni pur avveduta soluzione tecnica.
P er i cattolici, la comunità ecclesiale nelle sue varie articolazioni è lo spazio in cui intraprendere questa azione di nuova maturazione, innanzitutto sul piano della fede e, grazie ad essa, anche su quello etico e civile.
L’energico rilancio di iniziativa pastorale è puntualmente attestato nella vita della Chiesa: il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione, l’Anno della fede con la memoria del Concilio Vaticano II e della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, il cammino della Chiesa in Italia sul tracciato educativo ora sempre più chiaramente orientato all’appuntamento del Convegno ecclesiale nazionale di metà decennio. Una Chiesa vitale e fedele alla sua identità e missione è già fermento di nuova società.
C’è un ricco vissuto ecclesiale, intessuto di impegno caritativo e sociale – fatto di azione pastorale ordinaria e di proposta formativa – che ha bisogno di diventare visione condivisa della vita collettiva e dei suoi beni ideali e valoriali, anche attraverso l’elaborazione di una cultura che interpreti la vita del Paese e concorra a progettarne il futuro. In questo quadro acquista significato e forza di necessità l’esigenza di accompagnare la dedicazione di singoli credenti all’ambito sociale e politico, da assecondare solo nella sua radicale dimensione vocazionale.
Non dimentichiamo la presenza e l’impegno di quanti già militano nell’agone politico e operano nelle istituzioni. Ai cattolici impegnati in diversi schieramenti e formazioni è commesso l’onere di testimoniare quella convergenza originaria attorno alla fede e alla sua verità, che sono per tutti i credenti ragione di vita e radice di pensiero e di giudizio sulla realtà. In quella convergenza, andrà saggiata la qualità ecclesiale della loro appartenenza, nonché la conseguente coerenza personale indivisibilmente ideale e pratica.