Una veduta del comune di Riccia, 5.200 abitanti, in provincia di Campobasso
Evidentemente, i fratelli Coen non conoscevano Riccia. 'Siamo un paese per vecchi' è la prima cosa che ti dice infatti Micaela Fanelli. Il sindaco del piccolo centro appenninico sfodera un sorriso aperto, dopo un’accurata radiografia dello straniero. Tutto il mondo è paese: anche nel Fortore ti squadrano da capo a piedi – ' A chi appartine?' (di che famiglia è?) – ma, diversamente dal Texas di 'Non è un paese per vecchi', il cult movie di Joel e Ethan Coen, da queste parti vivere ai margini del mondo non comporta il pericolo di morire ammazzati. Undique tutus, 'ovunque sei al sicuro' recita lo stemma comunale: nel castrum espugnato da Silla si invecchia beatamente tra feste dell’uva e sante processioni e si inganna il tempo inseguendo il volo del Nibbio reale, finché, puntuale ad ogni mezzodì, il profumo di friarelli spadellati non invade le vie di pietra.
Parrebbe lo scenario ideale per il turista – non a caso, il Borgo dell’accoglienza ideato dalla Fanelli nasce con questa vocazione – ma Riccia ha un solo albergo e una logistica d’altri tempi. Era l’avamposto che controllava la Capitanata. Da quando non ci sono più i mori alle porte, dall’Appennino si fugge, salvo scoprire che esiste un’Ammercabbona e un’Ammercamalamente: chi era emigrato nell’America del Sud tira avanti con l’aiuto dei servizi sociali.
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In mezzo secolo, questo Comune ha perso duemila residenti. Restano in cinquemila, distrbuiti in 78 frazioni rurali. «La numerosità delle contrade dimostra che si può tenere in vita la montagna e che esiste un’alternativa alla concentrazione nei grandi centri - spiega il sindaco -. L’Europa ha assimilato la necessità di politiche che riducano le differenze di sviluppo tra i territori, ma da noi si fatica a comprendere che se vuoi tenere in vita l’Appennino devi mantenere una scuola, o una strada, o un presidio sanitario anche dove i costi standard non possono essere rispettati». A sentirla parlare a mitraglia, citando commi e statistiche, pare un extraterrestre caduto per caso nel Molise interno. Invece, è una moglie e una mamma che ha deciso di lasciare una promettente carriera in Confindustria per tornare nella propria terra e farne un laboratorio di coesione territoriale. Il suo non è solo un programma politico declinato dal Trattato dell’Unione europea. È una visione del mondo: «Ci sono aree del Paese – dice – che non hanno avuto accesso ai vantaggi della globalizzazione. Bisogna rivedere i criteri di assegnazione dei fondi pubblici e redistribuire le opportunità». Sono le idee del suo mentore politico, l’ex ministro Fabrizio Barca, ma, al di là del cipiglio da prima della classe, la Fanelli crede veramente nel diritto delle aree interne a essere finanziate con parametri più attenti alle loro specificità – le 'curvature' di Barca – e declina questi principi in un programma di sviluppo che si articola sui servizi alla persona.
La sua amministrazione si è aggiudicata fior di bandi per realizzare case di riposo e strutture sportive specializzate. «L’unica risorsa che possiamo trasformare in un’industria è la solidarietà famigliare, che fa parte del Dna dei molisani. Trasformeremo Riccia in un luogo dove gli anziani possano vivere bene, ricevendo un’assistenza di alto livello e mantenendosi in forma» racconta il sindaco, che nei giorni scorsi ha presentato anche il progetto di uno Sprar diffuso, in cui ogni famiglia accoglie un richiedente asilo. Il Molise è fuori dall'obiettivo 1, e quindi dai generosi sussidi dell’Unione europea, perché il reddito regionale è di poco superiore alla soglia stabilita dall’Ue, ma non c’è area più interna e marginale del Fortore. La statale che da Campobasso si inerpica verso Riccia per poi scollinare nel Sannio beneventano è tutta un tornante; la ferrovia corre lontana; l’autostrada San Vittore-Termoli è rimasta sulla carta. Il 49,9% della superficie regionale è agricola e il Pil nasce ancora nei campi di grano e nelle stalle. La terra costituisce il primo valore, tant'è vero che il bosco Mazzocca fu brutalmente dimezzato nell’800 per rispondere alla fame di terre coltivabili. Più o meno la stessa sorte toccò al castello aragonese-angioino che le difendeva: fu buttato giù dalla rivoluzione partenopea del 1789. «Dovrei citare i giacobini per danni»: la Fanelli è segretario regionale del Pd ma in Molise anche la sinistra è 'curvata'. Questa regione è stata per mezzo secolo un monocolore Dc e politicamente ancora oggi si è tutti se non fratelli almeno cugini: gli avversari del sindaco, ad esempio, le rimproverano una vecchia consulenza con la Regione, assegnatale dal centrodestra di Michele Iorio, ma lei fa spallucce («Ho vinto un concorso ben prima che arrivasse Iorio»); pealtro, dopo la riqualificazione, si è ben guardata dal cambiar nome a piazza Giacomo Sedati, ex ministro dell’agricoltura, nobile e democristiano, dando saggio di un’empatia con la popolazione, che a detta dei maligni turba i sonni del governatore Frattura.
Tanto democristiano quanto comunista è il concetto di coesione cui si ispira e che mette in mora i sacri principi finanziari delle tecnocrazie europee, chiedendo alla politica di riappropriarsi del proprio ruolo: «Il Molise ha perso il treno dell’industrializzazione, qui i fondi strutturali non possono finanziare le strade – spiega la Fanelli – ma esiste una domanda assistenza ad anziani, disabili, bambini, che può trasformare le attitudini storiche delle famiglie molisane in posti di lavoro». Per questo, il Comune sta realizzando un sistema di accoglienza diffuso - il Borgo del benessere, appunto -, specializzato nell’ospitalità parasanitaria che associa attività di assistenza e di cura, programmi di prevenzione e riabilitazione e iniziative di intrattenimento, rispettando tutti gli standard ma insistendo particolarmente sulla valorizzazione delle relazioni umane, che incidono sulla qualità della vita nelle strutture residenziali. Ha ricevuto finanziamenti per 1,6 milioni di euro e alcune strutture sono operative.
Il centralissimo ex convento dei cappuccini ospita una comunità alloggio per 20 anziani, gestita dalla cooperativa 'La Sfinge', la quale assicurerà l’assistenza anche nella residenza diffusa del Borgo: il Comune ha acquistato e ristrutturato cinque immobili del centro storico (e ne ha individuati altri venti) per trasformarli in una casa di riposo policentrica in cui una trentina di anziani continueranno a vivere in appartamenti nuovi e ben attrezzati, dove saranno assistiti dal personale specializzato. Il format è quello dell’albergo diffuso, collaudatissimo e più umanizzante delle strutture tradizionali, «anche se il sistema sociosanitario nazionale – obietta il sindaco – ci obbliga ancora a gestire queste strutture come se, giuridicamente e fiscalmente, fossero degli alberghi». In attesa della 'curvatura', Riccia ha aperto le sue strutture e si registra il tutto esaurito. Gli ospiti provengono dal Fortore (22.511 abitanti), ma si vuole ampliare il bacino d’utenza fino alla Puglia e la Campania, tenendo basse le tariffe (950-1150 euro al mese) e diversificando l’offerta. L’ex carcere verrà ristrutturato per ospitare una Rsa e un centro diurno per malati di Alzheimer ed è stata progettata una 'Collina del Benessere', attrezzata per le attività sportive indicate per l’anziano; ai corsi di ginnastica lenta promossi dal Comune con l’Università del Molise partecipano già 150 over 65. «Il punto di partenza – spiega Fernando Colavita, uno dei medici di base – è avere in zona i servizi sanitari necessari, a partire dal 118. Per il resto, vivere in una casa di riposo che riproduca le modalità abitative di casa propria, ma con tutti i confort e sapendo che si è assistiti h24 da operatori sociosanitari professionali rappresenta un toccasana».
Il social housing è una delle soluzioni che l’Agenzia per la Coesione promuove nell’ambito della Strategia per le Aree Interne, lontane da tutti i servizi essenziali e afflitte dalla piaga dello spopolamento, problema che interessa il 53% dei Comuni, il 23% della popolazione e il 60% della superficie nazionale. L’investimento deciso a Riccia emerge dai numeri: nel Fortore – come nel vicino Matese – gli indici di vecchiaia sono più elevati della media delle stesse aree interne; il tasso di ospedalizzazione non è elevatissimo ma lo è quello dei ricoveri impropri. «La gente vorrebbe restare qui, perchè siamo attaccati a questa terra e alle sue tradizioni, di cui gli anziani sono i custodi» spiega il parroco della Chiesa Madre, padre Ferdinando Pentrella, raccontandoci di feste religiose che iniziano a Pasqua e terminano a San Michele. Il clou è San Giuseppe, con le sue 'liturgie' gastronomiche, tramandate di madre in figlia: culminano in un banchetto che originariamente nasceva come dono ai poveri, quindi con una chiave penitenziale e con la forte impronta solidale delle popolazioni rurali. «A volte la religiosità tradizionale si sovrappone alla fede – ammette l’oblato di San Giuseppe – ma quest’ultima è salda. Ad ognuna delle tre messe feriali non ci sono mai meno di cinquanta persone». Non a caso, le residenze per anziani sorgono nei pressi delle chiese, poiché per il sindaco sono un 'servizio essenziale' che il Borgo offre ai suoi ospiti. Curvature anche a sinistra.