Caro direttore,
ho letto l’interessante rubrica di Gianni Gennari di sabato 7 gennaio, che sostanzialmente attribuisce a certa stampa l’intenzione di creare «scenografie» dove collocare in maniera artificiosa un’immagine di islam violento e intollerante. È stupefacente inoltre la chiosa che suona più o meno così: associare l’islam alla violenza, citando fatti storici di particolare crudezza, può portare a una lettura simmetrica per cui lo stesso cristianesimo può essere associato, per gli stessi motivi, a un’immagine di violenza. Questa impostazione, che sembra ragionevole nella sua pretesa simmetria, si scontra in realtà con due aspetti fondamentali: il messaggio di Cristo rifiuta Itotalmente la violenza, perché essa sfigura e nega la Verità dell’Amore di Dio; il dettato coranico (che io sappia il Corano non può neanche essere interpretato poiché sarebbe dettato divino) in moltissime parti pare riconoscere apertamente il valore della guerra come mezzo per affermare la verità e della violenza come strumento di conversione (vedi la 'sura della spada'). Inoltre Maometto stesso ha guidato eserciti, causato uccisioni e conquistato città (la Mecca è stata conquistata non dalla predicazione, ma dalla spada), basta leggere Wikipedia. Infine, i fratelli di fede musulmana non sono certamente tutti potenziali terroristi, ma sicuramente molti, per i motivi sopraddetti e a causa della condanna non solo morale che tocca chi abiura l’islam, potrebbero trovarsi a disagio nei confronti della loro stessa religione. Negare alcune plateali ancorché amare verità, legittimando una «scenografia» politicamente corretta, ma perlomeno antistorica, non li aiuta di certo. Potrebbe Gennari approfondire la materia? La ringrazio e la saluto cordialmente.
Carmine Alfieri
Gentile direttore,
ho trovato molto istruttiva e interessante la rubrica curata da Gianni Gennari del 7 gennaio scorso. Però non mi ha convinto del tutto. Mi spiego: è vero che anche i cristiani hanno commesso uccisioni ed eccidi (penso in particolare alle Crociate), ma è altrettanto vero che sono passati mille anni e oggi non mi risulta che ci siano cristiani che uccidono in nome di Cristo mentre, anche se non tutti i musulmani sono terroristi, è purtroppo vero che tutti i terroristi che si proclamano islamici oggi uccidono in nome dell’islam... E non trovo altre religioni che incitano a tanto: buddhisti, scintoisti e via di seguito... Cordiali saluti.
Mario Torricelli
Il gentile lettore Alfieri considera inaccettabile ciò che ho segnalato qualche giorno fa, e cioè che dall’associazione dell’islam in quanto tale alla violenza (che così si farebbe anche 'religione') si possa generare una simmetrica associazione anche nei confronti del cristianesimo, con la citazione di «fatti storici di particolare crudezza». Il direttore mi passa la sua lettera, e io leggo, ringrazio e cerco di chiarire. Il lettore offre due motivazioni per la sua obiezione: 1) il messaggio di Cristo rifiuta totalmente la violenza, mentre il «dettato coranico» la «riconosce apertamente come strumento di conversione». 2) Maometto stesso ha guidato eserciti, causato uccisioni e conquistato città. L’invito è ad approfondire la materia. Proviamoci. Innanzitutto una rivendicazione: nessuna accettazione da parte mia delle leggende anticristiane anticattoliche che purtroppo sono ancora di moda. Recentemente, e proprio qui, ho ricordato il libro di Rodney Stark edito da Lindau, che le contesta una per una, e annotato che a quanto mi risulta solo un coraggioso scritto di Paolo Mieli sul 'Corsera' ne ha parlato apertamente e positivamente, ignorato da quasi tutti… Messo in chiaro questo, però, ho l’impressione che il lettore dimentichi non solo le solenni richieste di perdono a Dio e ai fratelli di san Giovanni Paolo II, ma soprattutto quel principio fondamentale che anche papa Francesco ha formulato nella Evangelii Gaudium (231), e cioè che «la realtà è superiore all’idea». E la realtà nei venti secoli di fede cristiana smentisce purtroppo spesso nei «fatti storici» l’«idea» felicissima del «messaggio di Cristo» che rifiuta la violenza in assoluto, e quindi soprattutto come strumento di «religione». Cristiani, cattolici, uomini di religione e anche di Chiesa, fino ai vertici, hanno con i fatti detto il contrario! La storia è drammaticamente piena di esempi. Per coincidenza immediata, 9 gennaio 'La Stampa' (p. 25) il ricordo del 'martirio' di Giordano Bruno e anche del suo denunciatore Celestino da Verona, ambedue crudelmente sul rogo a Campo de’ Fiori. In nome della ortodossia, e quindi della religione come la si concepiva allora ai massimi livelli: l’esecuzione fu ordinata da Clemente VIII. È vero che Maometto personalmente «ha guidato eserciti, causato uccisioni e conquistato città», e Gesù di Nazaret no, ma ricordo che Giulio II Papa (1503-1513) andò di persona sul cavallo bianco con la spada in mano alla conquista di Perugia, strappata con le armi al Baglioni il 13 settembre 1506. E questa fu solo una delle sue imprese guerresche. Erasmo con il suo dramma tra fede, ironia e buon senso, 'Julius', conferma l’amarezza dei fatti, 'superiori' all’idea anche qui. Nel 'Lupus' del 7 gennaio ho già parlato, sbagliando il nome (e correggendomi nella rubrica seguente), della «Notte di san Bartolomeo» (23-24 agosto 1572), ma potrei ricordare i massacri di Beziers (22 luglio 1209), e il consiglio autorevolissimo giunto dai vertici ecclesiastici di fronte alla domanda su chi dovesse essere risparmiato nella strage antialbigese: «Uccideteli tutti: Dio riconoscerà i suoi!». Mi fermo qui, ma l’elenco dei fatti, fino ai tempi nostri - per esempio la religione come elemento di violenza anche in ancor recenti vicende irlandesi, potrebbe occupare pagine e pagine… Ecco perché esiste, e con buone ragioni di fatto, il rischio della lettura simmetrica, che non cancella la diversità delle idee, ma la sconfigge facendo parlare i fatti, tremendamente ammonitori. Ed ecco perché lunedì la parola di Francesco ha ricordato a tutti, e non solo agli islamici, un dovere da incarnare nella storia: «Nessuno può uccidere in nome di Dio!». Per quanto riguarda il lettore Torricelli, sono invece d’accordo con lui, e proprio per questo mi spiace non averlo «convinto». Rilegga bene, se vuole: ciò che lui scrive non è in contraddizione con ciò che io ho argomentato il 7 gennaio. È vero, infatti, che oggi in nome dell’islam si compiono violenze e delitti, mentre nessuno oserebbe commetterli dicendo che lo fa per obbedire al Vangelo… Quanto alle altre religioni e l’invito a compiere il male chiamandolo bene, anch’io non trovo esempi 'forti', e ringrazio il Signore anche per questo. Il mondo ha bisogno di 'pace', non solo ovviamente come assenza di guerra, ma come opus iustitiae (impresa della giustizia) intesa in senso pienamente biblico e al vertice evangelico. Spero di aver chiarito, e certo l’ho fatto con rispetto e gratitudine: i lettori di 'Avvenire' sono un tesoro in questo nostro mondo che è comunicazione, informazione e formazione.