Povera, povera famiglia. Due volte povera in questa Italia dove tanti se ne riempiono (con intenzioni anche opposte) la bocca e nessuno si decide a riempire di contenuti gli articoli della Costituzione (29 e seguenti) che da settant’anni suonati ne riconoscono ruolo e valore.
Povera per colpa della politica. Incapace da decenni di trovare quel minimo di trasversale concordia che, in un Paese in drammatico sboom demografico, consentirebbe di sviluppare un coerente sostegno economico-fiscale e sul piano dei servizi per le coppie che vogliono mettere su famiglia e far nascere figli. Una politica che tuttavia chiacchiera. La sinistra e i 5stelle strillano e manifestano (chi in piazza, chi sul web) contro il «Medioevo prossimo venturo» della «famiglia tradizionale», cioè – pensate un po’– quella madre-padre-figli che in Italia è fondata (dal 1975) sull’uguaglianza giuridica e morale di marito e moglie. Se per la sinistra nostrana la guerra a suon di slogan novecenteschi, di sberleffi contro la famiglia e di cortei indetti dalla frazione femminista pro-utero in affitto fosse davvero, come sembra, una delle, invocate, «idee forti» su cui ricostruirsi, auguri...
La destra invece blinda un paio di princìpi – madri e padri certi, sesso certo – in chiave "difesa della stirpe", e sul resto non batte ciglio, anzi. Esemplare Salvini: davanti ai congressisti pro-family s’impegna per fermare «propaganda gender» (bene!) e «utero in affitto» (magari!) e, come un po’ tutti, promette di «abbassare l’Iva sui pannolini», ma poi non trova di meglio che attaccare le «case famiglia» (forse considerate l’equivalente delle pericolose Ong umanitarie...), mentre ai cronisti assicura di considerare intoccabili «i diritti acquisiti come il divorzio, l’aborto... la libertà di far l’amore con chi si vuole e quando si vuole...».
Povera famiglia per colpa di certi suoi detrattori e difensori. La linea aspra di giornali, radiogiornali e telegiornali alla ricerca spasmodica in quel di Verona dello slogan o dell’oggetto "a effetto" per accompagnare la macabra caccia agli «oscurantisti cristiani» ivi riuniti si è specchiata in quella di media con intenzioni opposte e altrettanto veementi. E sarebbe ridicola se non facesse piangere in un Paese dove – piaccia o non piaccia – nessuna forza parlamentare di maggioranza e di opposizione chiede più di cambiare le regole sull’aborto (che per la nostra legge non è affatto un "diritto", ma un tragedia depenalizzata) e sul divorzio (ormai anche da noi una rottura così "facile", da essersi ridotta – solo per gli adulti s’intende – a una formale banalità). Abbiamo scritto di temere che dal Congresso Wcf di Verona, e dai suoi immediati dintorni, sarebbe stato alla fine trasmesso un messaggio polemicamente inutile per la necessarie risposte politiche e culturali alle questioni familiari. È purtroppo successo: siamo al solito gioco della parti (contrapposte). Segretati i lavori tematici, cioè le idee, sono andati "in diretta" solo comizi di partito e gadget. Non se ne sentiva il bisogno. Povera, povera famiglia.