Sull’aspetto penale della tragedia di Voghera, la parola spetta alla magistratura. Saranno i giudici a stabilire, una volta chiariti i fatti fino in fondo, se nel comportamento dell’assessore leghista alla Sicurezza della cittadina pavese, Massimo Adriatici, si ravvisino reati e quali.
L’esponente politico, martedì sera, durante una lite ha sparato e ucciso un immigrato irregolare già noto alle forze dell’ordine per una serie di reati dalla resistenza allo spaccio. Adriatici spiega che il colpo è partito per sbaglio dalla pistola (regolarmente detenuta) durante una colluttazione mentre cadeva dopo avere ricevuto una spinta dalla vittima che stava infastidendo gli avventori di un bar e che per questo era stato rimproverato dall’assessore. Agli arresti domiciliari, l’uomo politico è indagato per eccesso colposo di legittima difesa. Ma se sulla vicenda penale non è possibile né giusto anticipare giudizi, vi è un risvolto di carattere politico che merita di essere affrontato. E che si condensa in un solo quesito: che bisogno ha un assessore di girare con una pistola in tasca?
Adriatici, ex sovrintendente di polizia e ora avvocato, è in prima fila contro una serie di problemi di sicurezza che investono Voghera. Dalla movida violenta o fracassona, allo spaccio di droghe, agisce con piglio deciso tanto che per molti è una specie di 'sceriffo', pronto a tutto per fare rispettare la legge. Appunto. E proprio qui sta il primo nodo: è normale che un uomo politico giri armato (e con il proiettile in canna come ha ammesso lui stesso davanti a chi lo ha interrogato) per le vie della città che deve amministrare?
Quasi che spettasse a lui colpire i trasgressori e non alle persone che sono state formate e addestrate dalle Istituzioni pubbliche a operare in situazioni anche difficili come quelle di martedì notte. La funzione della politica è quella di proporre soluzioni, individuare strade percorribili, trovare punti d’incontro e non agire in prima persona, e tanto più con armi da fuoco.
Come ha sbottato un cittadino di Voghera, «qui non siamo in Texas». Il Texas di film e fumetti, ovvio. E proprio dal riconoscimento di essere altro rispetto alla visione della pistola facile come risolutrice di problemi nasce una seconda domanda. Ovvero quale cultura ci sia dietro ad un simile modo di presidiare la sicurezza di tutti.
Se cioè la politica debba farsi carico di trovare un modo per occuparsi anche dei marginali, di chi dà fastidio, e intraprendere un percorso di convivenza e integrazione che sappia trovare un posto per ognuno. O se, invece, l’esaltazione securitaria, che molti voti fa prendere ma che non risolve mai fino in fondo i problemi, debba prevalere su tutto fino alle estreme conseguenze. Magari anche sulla scorta di messaggi da social media che esaltano la mano forte e chiedono interventi duri verso coloro che vengono percepiti come nemici da fermare a qualsiasi costo.
Del resto negli anni passati, proprio il partito di Adriatici aveva avanzato proposte sull’utilizzo di 'ronde' formate da cittadini che – senza alcun titolo o formazione – avrebbero dovuto affiancare le forze dell’ordine per presidiare paesi o quartieri cittadini. E la retorica sulla «difesa che è sempre legittima» resta ancora uno dei cavalli di battaglia favoriti dai due principali partiti di destra.
In conclusione, la gestione della sicurezza richiede un surplus di buonsenso da parte di tutti. Senza eccedere in derive 'buoniste' ma senza neppure abbandonarsi a pulsioni da giustizieri con tutti i rischi che ne conseguono. A Voghera, l’altra sera, non c’erano persone sbagliate nel luogo sbagliato. Fuori posto era la pistola.