A Torino l’attesa di una festa diventata un incubo Quando la paura ti entra dentro, è così. Basta un botto, fatto esplodere da uno sciagurato, per provocare uno tsunami di panico: si calpestano i vicini, si travolgono i bambini (uno è gravissimo al Regina Margherita), si lasciano gli affetti, i ricordi, le borse, le carte. Si scappa! Si scappa e si uccide la libertà degli altri, i loro affetti, le lacrime (non fai in tempo a vederle). «Fuge» , come scrivevano i padri della Chiesa.
Ma così non vedi più altro che te stesso, la salvezza, un approdo, un’isola, il respiro. Loro, infatti, aggiungevano «tace, quiesce» . Noi no. Noi abbiamo fatto l’opposto: siamo fuggiti e basta. È il contrario di ciò che avviene con la farina che, lavorata, dà il pane, dello Spirito Santo che, come l’aria, ti fa essere uomo e, speriamo, credente, che ti impasta di umano e soprannaturale. Scappati e basta. A Torino è successo così.
C’era l’attesa speranzosa di una festa, di un triplete, di un mito, la Juventus. Poi, come un fulmine a ciel sereno, i brividi di una bomba. Ed è stato l’inferno. Oltre 1.500 i feriti, di più quelli lesionati dentro. Le sirene delle ambulanze, i 'pronto soccorso' colmi di gente sanguinante, i tg impazziti, l’immaginario collettivo devastato da immagini di cruda realtà. Ma non era successo nulla: solo il gesto violento e infine criminale di qualcuno che è andato oltre. Ma le riprese di ciò che è avvenuto sono state impressionanti: urla, grida, una massa indistinta che si muoveva come un’onda, quelle altissime dell’oceano, che ti spazzano via. Il terrore era 'dentro'. Era sotto la nostra pelle. Come a Nizza, a Parigi, a Monaco, a Berlino, a Londra ognuno ha cercato una via di scampo per poter respirare. Facendolo ha calpestato, rotto, ferito, lesionato l’altro.
Non importava se un bambino con gli occhi spauriti, un uomo forte o una donna esile. Via, via dall’inferno, perché l’inferno, purtroppo, ora ce l’abbiamo più che mai dentro. La paura del diverso, del terrorista, del lupo solitario, l’abbiamo vista, sbagliando, lì, in piazza San Carlo, dove Benedetto XVI aveva celebrato l’eucaristia e dove, in passato, hanno 'lavorato' santi come Cottolengo e don Bosco (di cui qualche balordo ha rubato le reliquie di quel cervello che tanto bene ha fatto e continua a fare in tutti i continenti). Ed è stato, purtroppo, uno scenario apocalittico. A Londra, intanto, tre gruppi di pazzi furiosi scatenavano un altro (l’ennesimo) scenario di morte: auto contro i passanti del sabato sera, accoltellatori che colpivano chiunque in nome di un Allah che certo non è Dio di nessuno, perché Dio vuole la pace e non gli assassinii. Una simultaneità, 22,30 a Torino, stessa ora a Londra, che svela un detonatore invisibile, ma che è dentro di noi. Sono riusciti a farci entrare 'dentro' la paura. E vanno fermati. Sì, certo, aumenterà la sicurezza, cresceranno le azioni contro il Daesh e i loro hitleriani accoliti, ma la risposta deve nascere dentro di noi, nelle nostre convinzioni, nel nostro io più profondo.
Dio è amore, Dio è abbraccio, Dio è canto insieme alla gloria e maestosità del creato. Il giorno prima di tutto questo ero su una delle cime più alte delle Alpi: c’era il sole, la neve e le nuvole che incorniciavano, a volte portando la nebbia, le punte più belle e inesplorate. È quella nebbia che dobbiamo cercare di far sciogliere, la nebbia, l’umidità, le lacrime, la diffidenza, la cattiveria, l’ingiustizia, l’esclusione. La scommessa è tutta lì. Se non si scioglierà, non porterà via la paura dal nostro cuore (quella che perfidamente ci hanno anche inconsciamente infiltrato) e con il panico e il terrore, altre stragi, altri incubi ci saranno. Ma non succederà perché noi siamo più forti, grazie alla bontà di Dio, delle loro battaglie, dei loro assalti, delle loro bombe. Ma bisogna cominciare subito, magari con un sorriso.
C’è da cancellare un secolo di sospetti, di timori, di diffidenze, di politiche sbagliate, di furfanterie di comunicazione, una mentalità della paura del diverso che ha avvelenato le nostre vite, ma non offuscherà quelle dei nostri figli. 'Bussate, vi sarà aperto', ma prima purifichiamo i nostri cuori.