Gentile direttore,
nei numerosi dibattiti sul post-referendum non pochi commentatori hanno lanciato una propria interpretazione dell’esito delle consultazioni referendarie: la definitiva divisione del Pd fra le sue due anime storiche, quella democristiana e quella comunista. Mi permetto umilmente di dissentire. Fra i principali sostenitori della segreteria Renzi all’interno del Pd, infatti, è facile verificare come vi siano Debora Serracchiani (ex Ds) e Gennaro Migliore (ex Rifondazione Comunista, poi Sel) mentre, fra i più grandi critici del “renzismo” c’è l’ex democristiano e popolare Enrico Letta, pur schierato per il Sì. Credo proprio che sarebbe necessaria un’analisi più accurata delle diversità e delle “fratture” oggi esistenti nel Partito Democratico.
Alessandro Greco - studente universitario
Sono d’accordo con lei, caro amico. Troppi tendono a rifugiarsi pigramente nelle solite “categorie”, che io – come forse ricorda – preferisco chiamare “scatole” e invito sempre e a rompere liberando la realtà dalle precomprensioni e dalle caricature. Tanti non se ne danno per intesi anche tra quanti fanno il mio stesso mestiere. E il vecchio inscatolamento delle vicende politiche (e umane) rende forse suggestivo e apparentemente più facile un lavoro di analisi, ma spesso lo fa diventare grossolano e inutile e, qualche volta, persino fuorviante. Questo vale ovviamente per il Pd come per ogni altro partito e movimento.
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