Il dibattito (non sempre sereno) apertosi su altri media a proposito dei punti di contatto fra alcuni dei temi socioeconomici e ambientali cari al Movimento 5 Stelle e le sensibilità espresse nella realtà cattolica italiana ha messo in luce vari aspetti di un rapporto che già esiste – come esiste con altri partiti –, ma ha appena accennato o ha lasciato in ombra alcuni ambiti su cui la distanza è particolarmente alta. Vorrei richiamare quattro di questi nodi, per quanto essi siano già ben conosciuti dai lettori di Avvenire: l’Europa delle istituzioni, i partiti, i corpi intermedi, l’intersezione fra linguaggio e umori che genera le scelte politiche.
Le istituzioni europee sono il frutto anche della scelta dei grandi leader democristiani del secondo dopoguerra: la triade composta da Adenauer, De Gasperi e Schuman indica un nesso fortissimo, che richiama, fra l’altro, l’Europa carolingia come base per costruire la pace nel Vecchio Continente e per farne una «Comunità di destino». Da allora, molto è cambiato sotto i cieli delle istituzioni eurounitarie, talora infiltrate da forze paramassoniche che le hanno allontanate dai popoli al cui servizio i Padri fondatori le avevano poste. Di qui l’inevitabilità di un approccio anche fortemente critico all’Europa 'reale' dei nostri tempi. Ma può un cittadino cristiano consapevole pensare davvero di abbandonare 'a tavolino' uno dei suoi pilastri (l’euro) e di rinunciare al progetto europeo? In materia istituzionale, sia il discorso sia la prassi politica del M5S tendono a eliminare due cardini della democrazia contemporanea: la rappresentanza politica e i partiti.
La prima dovrebbe scomparire in favore della democrazia diretta o mutarsi in una mera delegataria della volontà dei cittadini sovrani: ma c’è al mondo qualcosa di meno 'cattolico' di Jean-Jacques Rousseau? Pochi teorici della democrazia hanno sempre attratto come lui la diffidenza, se non l’ostilità, dei cattolici sia progressisti sia moderati sia conservatori, compresi coloro – questi sì numerosi in passato fra i cattolici italiani – che hanno creduto nella necessità di integrare (più che di superare) la rappresentanza politica liberale con istituti come il referendum, le autonomie territoriali e la democrazia dei partiti.
Quanto a questi ultimi, i partiti, la critica portata dai 5 Stelle è radicale, e nel tempo in cui viviamo rischia di sfondare una porta aperta. Ma basterebbe rileggere Sturzo (si può ragionare sul cattolicesimo in Italia – e non solo – prescindendo da lui?) e Moro per cogliere l’imprescindibilità della forma partito per il contributo dei cattolici alla democrazia. L’attenzione ai partiti – al plurale – pur nella critica della loro forma agendi ci sposta subito sul tema dei corpi intermedi. Questi ultimi, per una concezione politica rousseauiana o giacobina, semplicemente non esistono, o, meglio, non dovrebbero esistere. Ma essi sono l’architrave portante sia della Dottrina sociale cristiana, sia della prassi socio-politica dei cattolici, e di quelli italiani con particolare efficacia. Certo, si può notare che anche la cultura della sussidiarietà dei cattolici italiani si è indebolita nei fatti quando essi hanno occupato, nel secondo dopoguerra, la stanza dei bottoni dello Stato.
E si potrà notare che i corpi intermedi attualmente operanti in Italia abbisognano di una profonda riforma, a pena di trasformarsi in scheletri senza vita. Ma anche su questo la semplificazione (e certo corrosivo semplicismo) del M5S è quanto vi sia di più lontano dalle pur varie forme che il cattolicesimo ha assunto quando ha preso contatto con la politica democratica. Ma forse la distanza più grande sta là dove tutto inizia, nel linguaggio politico e negli 'umori' che inducono all’azione politica. Guardando al grillismo – sia a quello dei vertici sia a quello dei militanti di base – si coglie immediatamente che risentimento, frustrazione e persino livore sembrano essere il tono dominante di ogni ragionamento. Il che spiega il linguaggio incendiario che ha segnato gli inizi della politica grillina e che continua a caratterizzare non pochi degli interventi quotidiani dei suoi leader. Ora, premesso che la politica è fatta anche di queste cose, e che nessuno ne è del tutto immune, cosa c’è di più lontano dalla cultura politica dei cattolici italiani di un linguaggio e di un universo morale basati sul risentimento e sulla frustrazione sociale?