Gentile direttore,
vorrei rivolgermi ai suoi colleghi che si occupano di economia e motori. Continuano gli allarmi per un settore industriale in predicato di scomparire dal nostro Paese per l’avvento dell’auto elettrica: quello dell’auto con motori a combustione interna. La domanda che viene subito in mente è: come fa l’industria tedesca ad impegnarsi per la totale riconversione all’auto elettrica, senza prevedere come procurarsi l’energia da fonte rinnovabile necessaria in quantità abbondantissima? Infatti tutti sanno, o dovrebbero essere consapevoli, che questa rivoluzione della mobilità avrà senso da un punto di vista sia ecologico sia economico esclusivamente se l’energia che andremo a mettere nelle batterie proverrà da fonte rinnovabile. Quello che vorrei chiedere alla vostra redazione è se l’auto ibrida plug-in – magari con alimentazione a metano o Gpl – più che l’auto elettrica, potrebbe salvare capra e cavoli per la nostra industria automobilistica. Una soluzione ponte per i prossimi 10-15 anni per avere auto più ecologiche e nel contempo continuare a fabbricare motori a combustione interna. Insomma, 10-15 anni per vedere chi veramente possiede le risorse del litio e del cobalto per le batterie e per estendere la rete di distribuzione elettrica da energia rinnovabile. Non è forse vero che negli anni bui la Fiat fu salvata dalla Multipla e dalla Panda a metano? Era l’unico produttore mondiale a fornire questo tipo di propulsione a quell’epoca... Chiedo, insomma, se secondo voi, l’Italia potrebbe decidere in maniera autonoma rispetto a quello che si fa nelle altre capitali nord europee che apparentemente hanno deciso di salvarsi da sole. Si racconta che quando l’Avvocato chiese a Paolo Fresco di scegliere un partner per la fusione con Fiat Auto gli pose un’unica condizione: che il partner non fosse tedesco. Poi Umberto e Susanna Agnelli vendettero i gioielli di famiglia per salvare il settore auto, tanto per dire che la faccenda non era per niente, ma proprio per niente chiusa, e misero al timone Sergio Marchionne. Mi chiedo se come Sistema Paese potremmo farcela a portare avanti quel settore industriale anche tenuto presente il disastro – così si dice – che trovarono alla Chrysler i tecnici che presero in mano le fabbriche dopo la gestione dei “primi della classe” della Mercedes Benz... Certo è che, scomparso Marchionne, ad Auburn Hills dopo la vendita della Magneti Marelli sembrano aver pensionato la lungimiranza strategica! Spero di essere smentito coi fatti. E mi chiedo se l’energia di questo antico Paese che è l’Italia sia una energia fossile oppure una energia rinnovabile. Cordiali saluti
Mauro Moretti
Prevedere il futuro, come ama dire Mike Robinson – uno dei più grandi designer dell’automobile contemporanei – è come guidare nella nebbia: più guardi lontano e meno vedi. Soprattutto, gentile dottor Moretti, se il tema è la mobilità. Gli interrogativi e le considerazioni che lei pone sono quanto mai adeguati alla apparente rivoluzione che il mondo dell’auto sta iniziando ad affrontare, ma le possibili risposte restano appese all’effettivo livello di impatto che l’elettrificazione comporterà sul mercato. Molti studi di settore prevedono che in Europa la quota di vetture elettriche toccherà mediamente al massimo il 20% entro il 2035 (non proprio dopodomani quindi) ed è comunque improbabile pensare che il settore industriale che ruota intorno ai motori a combustione interna possa scomparire: dovrà aggiornarsi e gestire la transizione (come in parte già sta facendo), ma la totale riconversione all’elettrico, per le problematiche che comporta, necessiterà ancora di molti anni. Per lo stesso motivo non pare al momento urgente il tema del reperimento di ulteriore energia da fonti rinnovabili, mentre già si segnalano preoccupazioni dal punto di vista occupazionale: lo Iab, un istituto tedesco, ha valutato una possibile perdita del 10% dei posti di lavoro in Germania nel lungo termine legata al passaggio all’auto a batteria per la sua minore complessità tecnica a livello produttivo. Urgenze normative e ambientali spingono comunque all’immediata ricerca di soluzioni alternative, più rapidamente praticabili. Aspettando ad esempio l’ibrido plug-in a metano, nuova geniale tecnologia allo studio, o l’auspicabile diffusione dell’utilizzo del biometano, il semplice sviluppo delle motorizzazioni a gas potrebbe coniugare le necessità ambientali a quelle occupazionali in Italia grazie alla forte tradizione in materia garantita da Fiat prima ancora di trasformarsi in Fca. I tempi e le strategie industriali del Gruppo italo-statunitense però sono cambiate, e non indicano certo che sia questa la direzione scelta. Come velleitario e tutt’altro che strutturale è l’approccio governativo al tema energetico della mobilità, tanto da rendere impossibile una previsione su quanto ci attende anche solo nell’immediato futuro.