Ilario Maiolo, Roma
Credo che le sue valutazioni e convinzioni siano legittime, caro signor Maiolo, ma le mie sono in parte diverse. Lei accusa la classe politico-parlamentare (quella che definisce kasta col "k") di mirare solo ad autotutelarsi in quanto tale. Direi che è più che un sospetto e meno di una verità. Se, infatti, è vero che a Palazzo Madama mercoledì sera è stato detto "no" agli arresti domiciliari per il senatore Tedesco, è altrettanto vero che a Montecitorio è stata addirittura autorizzata (e per la prima volta nella storia della Repubblica per un reato non riconducibile a violenze e fatti di sangue) la carcerazione del deputato Papa. Non si può, insomma, dire che ci sia – o che si sia palesata – una autotutela assoluta dei parlamentari. Mentre, a mio avviso, si possono scorgere diversi (e non coincidenti) secondi fini.Ho visto, infatti, svilupparsi freddi giochi politici anche su questioni calde e delicate come quelle che attengono alla limitazione della libertà di un uomo. E sono arrivato alla conclusione che la traduzione in cella di Alfonso Papa, giusta o sbagliata che sia, è stata decisa non per se stessa, cioè per questioni di merito relative al suo coinvolgimento nella cosiddetta inchiesta P4, ma per ciò che ha rappresentato: una svolta nella vicenda politica della XVI legislatura, con l’apparizione alla Camera dei "numeri magici" – il Pdl e i suoi alleati in minoranza rispetto a una inedita maggioranza d’aula – che non s’erano materializzati il 14 dicembre 2010, quando Gianfranco Fini giocò e perse la sua grande partita sulla sfiducia al governo Berlusconi. Tecnicamente, stavolta, non s’è trattato di un voto diretto contro il premier, ma politicamente – per il ruolo giocato dalla Lega capitanata nell’occasione addirittura dal ministro dell’Interno – il colpo al governo e al suo capo è risultato duro e fragoroso.Ho visto, poi, anche discutibili giochi di prestigio, nel senso dell’illusionismo. Un deputato, per di più ex magistrato, avviato in cella per motivi cautelari è un vero evento. Tanto grosso da coprire una serie di eventi mancati? Io non credo, ma qualcuno potrebbe sperarlo. Magari chi ha interesse a far dimenticare il "no" in aula all’abolizione delle Province, il sì al rallentatore e al futuro (tanto di "doman non v’è certezza") ai tagli delle onorevoli spese, degli onorevoli stipendi, di certi disonorevoli privilegi e di tante mal utilizzate scorte... Ieri, a Montecitorio, s’è deciso un ridimensionamento del bilancio piccolo piccolo. Tra mugugni, alzate di spalle e la sola – a quanto risulta – protesta di Mimmo Lucà che avrebbe voluto una "Finanziaria di palazzo" più severa...Un’ultima annotazione sulla legge elettorale. Se è davvero una "medicina" per la cattiva politica, dobbiamo concludere che a noi italiani è andata ripetutamente di traverso... Ricordo solo che nel 1993 si lodavano e gridavano le virtù taumaturgiche del maggioritario. Oggi si cantano di nuovo quelle del proporzionale (con sbarramento). E io so che si tratta di una via praticabile e ben praticata. Personalmente, però, non mi entusiasmo più per nessuna soluzione. Ho capito – e non credo di essere il solo – che tutte possono essere usate male, e anche malissimo. Per questo auspico prima di tutto qualcosa di realmente decisivo: che venga restituito a noi elettori il potere di esprimere la preferenza per gli uomini e le donne che devono rappresentarci; non possiamo essere costretti a votare soltanto per i partiti (ridotti quasi tutti a puri involucri) e, indirettamente, per i loro capi... Non scopro nulla se ripeto che bisogna che gli eletti tornino a riferirsi e a render conto ai cittadini. È una condizione morale della politica, e ne è un elemento moralizzatore.
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