Caro direttore,
mio marito e io siamo da molti anni lettori quotidiani di “Avvenire” del quale apprezziamo l’ethos cattolico. Fede e Carità trovano ampia espressione negli articoli del giornale, ma forse un poco più di spazio potrebbe essere dato alla Speranza. In definitiva le cose che vanno bene sono molte, nonostante tanti orrori e tante sofferenze. Le vittime e i contagi del Covid sono in netta diminuzione, l’assistenza sanitaria è sovraccarica e sotto stress, ma funziona e tutti si rendono conto dell’impegno eroico dei dottori e del personale medico di ogni livello durante la crisi. È in azione un vero esercito di volontari da ogni parte e in ogni settore. Lentamente l’economia riacquista vigore e molti ritrovano lavoro. Il turismo poco a poco sta riprendendo. Gli olivi sono in fiore e forse i raccolti saranno buoni. Se forse non possiamo ancora dire con il poeta Browning «Dio in cielo e tutto bene nel mondo» ( «God’s in His Heaven and all’s right with the world» ), tuttavia dobbiamo sempre aver presente che Gesù ci ha detto «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
F. Anne Bennett Siena
Ha ragione, cara amica, senza speranza, le altre virtù resterebbero al palo. Fede e carità hanno bisogno – come canta un altro poeta, Charles Peguy – di «questa bambina da nulla» per traversare i «mondi compiuti». Per far sì che riprendiamo a traversarli noi tutti, con nuovo slancio e nuova responsabilità. Ne abbiamo bisogno in un tempo segnato da una pandemia che stiamo cominciando a domare, ma in modo ancora troppo diseguale nei diversi Paesi e continenti e nei nostri stessi pensieri.