Perché la morte non sia più irrimediabile pena
venerdì 13 maggio 2022

Era una tiepida giornata romana esattamente vent’anni fa, il 13 maggio 2002, quando a Sant’Egidio 23 organizzazioni piccolissime o internazionali come Amnesty International, Fidh, Penal Reforme Internationale, Sant’Egidio hanno firmato il certificato di nascita della Coalizione mondiale contro la pena di morte. Con 11 co-fondatori demmo vita al primo Consiglio esecutivo. Nessuno Tocchi Caino, una delle 7 organizzazioni italiane, scelse presto una strada autonoma. I francesi erano 6, tre gli americani, due inglesi, altri venivano dal Belgio, dall’Uzbekistan, da Giappone e Germania. Era la concretizzazione di uno dei punti-chiave della Dichiarazione finale del primo Congresso mondiale contro la pena capitale che si era tenuto a Strasburgo nell’estate 2001, per iniziativa dei francesi di Ecpm, sostenuti dal pioniere dell’abolizione della ghigliottina in Francia, Robert Badinter. I promotori, Ecpm, che non avevano ancora un reseau internazionale, chiesero aiuto ad altri, come Amnesty, Sant’Egidio, Fidh per radunare associazioni e attivisti dei diritti umani che operavano in ordine sparso. Divisi tra “abolizionisti” e chi, anche su scala locale, cercavano di fermare le esecuzioni. “Abolizione” e “Moratoria” sembravano due mondi, perché era diffusa la convinzione che lavorare a una moratoria fosse troppo poco e, in fondo, non implicasse un rifiuto assoluto della pena capitale.

Ma alla fine era stato votato un documento che includeva anche la moratoria come «un passo verso l’abolizione». E questo è diventato anche il Dna della Coalizione mondiale. Se a maggioranza non fosse stata accettata anche la battaglia per una moratoria universale – sostenuta soprattutto dagli “italiani” Nessuno Tocchi Caino e Sant’Egidio, ma condivisa anche da Amnesty International, la Coalizione si sarebbe trovata presto fuori da quella che è diventata un’accelerazione, e che nel 2007 – dopo l’orrore dell’impiccagione di Saddam – ha portato all’approvazione della prima Risoluzione per una moratoria universale dall’Assemblea Generale dell’Onu: 103 voti a favore, quando i Paesi abolizionisti a quella data erano 91.

Il movimento non era ancora un movimento, ma un sogno. La Wcadp, la Coalizione, ha contribuito a questo, come mostrano le oltre 150 organizzazioni che la compongono oggi, con una rappresentatività planetaria e non più, come agli inizi, soprattutto franco-italiana ed europea, con un’esile rappresentanza americana e asiatica.

Intanto, il mondo è cambiato, e la pena di morte, per la prima volta nella storia, è vicina a essere bandita dalla coscienza ufficiale del mondo, come la tortura e la schiavitù. Siamo davvero dentro una svolta della storia, perché la pena di morte, che accompagna l’umanità da cinquemila anni, dagli antichi egizi, dal Codice di Hammurabi, dalla Legge del taglione, per la prima volta è scomparsa da gran parte del mondo. Nel 1975 erano ancora solo 16 i Paesi che l’avevano abolita. Oggi sono 144, per legge o di fatto, e nel 2020 solo 20 Paesi l’hanno utilizzata davvero. Quando nasceva la Wcadp i Paesi abolizionisti erano 73, sono quasi raddoppiati in vent’anni. Gli ultimi a unirsi sono stati il Ciad e il Kazakhstan. Ma vanno anche aggiunti 10 Stati americani, dal New Jersey alla Virginia, che l’hanno abolita in 15 anni, e tre che hanno dichiarato una moratoria governativa, come la California che ha chiuso il braccio della morte. Quest’anno Ohio e Utah devono decidere su un progetto di abolizione che è portato avanti da un largo gruppo di senatori e deputati bipartisan. L’unico documento internazionale vincolante, che bandisce la pena di morte, il cosiddetto Secondo protocollo opzionale della Convenzione sui diritti civili e politici, nel 2002 era stata ratificata da 47 Paesi. Oggi da 90.

Nel frattempo è nata, il 10 ottobre di ogni anno, la Giornata Mondiale – ed europea – contro la pena di morte. Nel 2002 fu celebrata il 30 novembre, appoggiandosi al network delle Città per la Vita. Oggi due mobilitazioni planetarie contribuiscono a rafforzare le iniziative abolizioniste anche nel Sud del mondo. Una è più rivolta alle istituzioni, e l’altra guarda più alla società civile. Da Roma sono cresciute le Conferenze internazionali dei ministri della Giustizia, che mettono a valore l’esperienza maturata dalla Comunità di Sant’Egidio nelle mediazioni per la pace, e hanno aiutato a maturare l’abolizione in diversi Paesi africani o asiatici, come la Mongolia.

Non sembra più impossibile che possa entrare presto nell’archivio della storia una pena che è sempre «inammissibile», come ha sintetizzato, per il mondo, Papa Francesco.

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