L’umanità è inconsapevolmente, ma irresistibilmente attratta verso forme maggiori e più evolute di partecipazione. La partecipazione è la condizione abilitante di quel dinamismo del dare e del ricevere che è l’essenza della relazione, categoria cristiana (a partire dalla realtà trinitaria di Dio) e umana fondamentale. Ed è pertanto una dimensione essenziale della generatività (intesa come capacità di migliorare la propria vita assieme a quella degli altri), che a sua volta costituisce – nonostante il rischio «egolatria» denunciato da papa Francesco – il nocciolo del senso e della soddisfazione di vita. È questa la lezione che ci insegnavano i saggi e gli educatori di un tempo e che oggi, come moderni san Tommaso, tendiamo a riconoscere come vera soltanto quando emerge nitidamente dai risultati empirici delle scienze sociali. Gli amici e colleghi Bruno Frei e Alois Stutzer in un loro famoso lavoro indicano che una stessa decisione se calata dall’alto, trova molto minore consenso che se realizzata attraverso la partecipazione di chi è chiamato a votarla. E dimostrano che la partecipazione è una componente fondamentale della soddisfazione/utilità degli agenti sociali. Nel rapporto mondiale sulla felicità che presentammo nel 2016 a Roma la gratuità e la qualità della vita di relazioni erano due dei sei fattori che spiegavano il 75% delle differenze di soddisfazione di vita tra i Paesi.
In un recentissimo lavoro pubblicato su Science Ernst Fehr ed altri studiosi dimostrano che tra due campioni di individui selezionati casualmente quello a cui viene affidato il compito di usare per finalità di bene comune i soldi ricevuti attiva le aree del cervello che segnalano un maggiore livello di soddisfazione di vita, mentre ciò non accade per il gruppo che deve stabilire come utilizzare solo per sé quella stessa somma di denaro. Questo corpo ormai consolidato di risultati scientifici può aiutarci a leggere e interpretare la realtà politica dei nostri giorni, nonché a costruire percorsi virtuosi di partecipazione civile e politica nel Paese. Anche se in modo confuso, disordinato e non sempre socialmente desiderabile, molto di quello che è accaduto nel recente passato in Italia è interpretabile alla luce di questo maggiore desiderio di partecipazione. La rivoluzione della rete ci ha infatti offerto una forma di partecipazione a basso costo (annullando nella dimensione virtuale le distanze di tempo e di luogo). Una forza politica come il Movimento 5 Stelle ha proposto ai cittadini forme organizzate di partecipazione virtuale avviando di fatto una nuova forma di competizione politica in questo ambito. Questo tipo di partecipazione politica ha mostrato nel tempo tutti i suoi limiti (disperdendosi in innumerevoli rivoli di post-verità e populismi e inseguendo gli istinti degli utenti) pur non perdendo nessuna delle sue enormi opportunità.
La rete e i social sono fenomenali nel far viaggiare idee, informazioni tra comunità di persone accelerando in modo impressionante la velocità di circolazione della conoscenza. Allo stesso tempo, però, esasperano la conflittualità ideologica perché sono luoghi dove l’incontro tra due persone in carne e ossa (che naturalmente ci induce a considerare la persona che abbiamo davanti prima delle sue idee), è sostituito di fatto dalla contrapposizione di cartelli con slogan, il che, per sua natura, favorisce l’opposto (mettere le idee prima della persona). La risposta alla sfida di questa nuova forma di partecipazione non è il rifiuto della rete, ma l’utilizzo della stessa come strumento complementare per favorire nuove forme di partecipazione non virtuali.
Il prossimo autunno dovremo continuare a fare passi avanti importanti sulla via della partecipazione attraverso il potenziamento delle tante forme di cittadinanza attiva già presenti in Italia (la cui fertilità può essere moltiplicata e promossa dalla rete, strumento che aiuta a rinforzare legami ed alleanza tra tutti i mondi vitali del nostro Paese). La gestione dal basso di beni comuni, le varie iniziative legate al voto col portafoglio che civilizzano l’economia, il percorso dei Cercatori di LavOro promosso dalle Settimane Sociali dei cattolici che individua e monitora nel tempo l’impatto delle buone pratiche del lavoro, l’iniziativa dei Comuni accoglienti promossa dalla Caritas di Benevento sono alcune delle molte piste messe in moto dalla società civile per aumentare le forme di partecipazione, unico vero antidoto al rancore di chi si sente escluso e vittima di un 'sistema'. L’alleanza tra questa società civile e la buona politica è il fattore chiave per la tenuta sociale e il buon futuro dell’Italia (e dell’Europa).