Caro direttore, sento il desiderio di avere suoi consigli sul trauma delle coppie separate con particolare riguardo alla figura del padre.Oggi sono sempre di più i padri separati lasciati a se stessi in condizioni di vario disagio. Ma non sono la povertà e le difficoltà a spaventarmi: la povertà spesso avvicina a Dio… La cosa che mi fa riflettere di più e che mi amareggia è la tendenza a sottrarre ai figli la figura del padre, un padre che educhi, un padre che possa trasmettere le proprie esperienze, un padre che possa amare liberamente chi è nato anche da lui.Per mia esperienza posso dirle che la separazione di una famiglia è una cosa bruttissima, orrenda, che non dovrebbe mai accadere. Oggi, purtroppo, ci si separa con troppa facilità e le conseguenze ricadono su entrambi i genitori e soprattutto sui figli. Spesso si dice con troppa facilità che questo è il prezzo del progresso… Sarà, ma io lo chiamo regresso.Quando ci presentiamo davanti a Dio e ci giuriamo fedeltà eterna e diciamo che «solo la morte ci può separare», pronunciamo parole forti, che mettono i brividi e fanno quasi paura. Però adesso tanti le dimenticano e non le rispettano, quasi con indifferenza.E così ti accorgi anche tu che le cose cambiano, che non sei più accettato per questo o per quel motivo… E ti ritrovi fuori di casa, a vivere da precario in luoghi provvisori. Ti senti indesiderato dalla tua stessa famiglia, e ti vedi puntato il dito contro senza aver capito quali siano le tue colpe; ti senti dire che le storie iniziano e finiscono (però, loro, si tengono il figlio e la casa che hai contribuito a comperare...) e se anche ottieni l’affidamento condiviso, ti trovi con tuo figlio per mano in luoghi precari o poco idonei… Tanti di noi padri devono sopportare tutto questo, e altro ancora, anche se a chiedere il divorzio è tua moglie.Caro direttore, io non credo che la nostra società futura sarà migliore basandosi su coppie di fatto, con figli di padri diversi. Al contrario, basterebbe capire che la visione cattolica del matrimonio e della famiglia non ha lo scopo di schiacciarci, ma di rendere la nostra vita più serena e piena di amore. Credo che sia ora di fare marcia indietro, di ritrovare i valori della famiglia, della dolcezza, di andare a Messa assieme, di condividere l’amore reciproco e di donarlo a Dio… Solo così la nostra società potrà crescere.
Marco Palazzi
Apprezzo molto, caro signor Palazzi, il tono che lei riesce a mantenere nel descrivere con passione e delicatezza la sua condizione di padre separato. E mi colpisce – anche se so bene che ogni persona, come ogni storia di persone, è diversa dalle altre – la sua capacità di cogliere e proporre qualcosa che ci riguarda tutti in ciò che sta vivendo sulla sua stessa pelle e su quella delle persone a lei care. Vorrei avere consigli da darle, ma – da padre di famiglia quale sono anch’io – me ne permetto con timore e tremore soltanto uno: con la stessa passione e con ancora maggiore delicatezza, trasmetta a suo figlio i valori in cui crede, le convinzioni che ha rafforzato, il senso della sua esperienza. Non rinunci, insomma, a essere padre, e padre cristiano. Si è sentito – e si è ritrovato – rifiutato come sposo, e però nessuno mai potrà privarla della sua paternità. Si impegni – e, se necessario, si batta – per stare accanto a suo figlio. Gli dica anche così della sua umanità e dei motivi per cui è bello vivere e voler bene. Nulla le sarà facile (e questo lo sta già provando), ma il mestiere di padre non è mai stato facile e non lo sarebbe neanche se lei, caro amico, lo vivesse in una condizione diversa, più giusta e più serena. La ringrazio per avermi coinvolto così profondamente nella sua riflessione. E mi scusi per il mio povero consiglio. (mt)