martedì 25 marzo 2025
È lo stesso misto di stupore, incredulità e paura che spiega anche l’assenza di proteste di massa, di boicottaggi dei consumi e della nascita di movimenti politici online negli Stati Uniti
Una conferenza stampa di Trump

Una conferenza stampa di Trump - Ansa

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Di fronte al rifiuto di Donald Trump di ottemperare agli ordini dei giudici, alla sua guerra delle tariffe che sta trascinando gli Stati Uniti in una recessione, alla deportazione di residenti permanenti, alla detenzione di coniugi di cittadini americani senza alcun precedente penale, alla chiusura del ministero all’Istruzione, al licenziamento di decine di migliaia di dipendenti federali, una domanda sorge spontanea: dov’è l’opposizione? Che cosa stanno facendo i democratici per fermare la presa di potere del presidente americano e della sua Amministrazione?


Sono gli stessi democratici a fornire le risposte. Se interrogati, elucidano che stanno «definendo un messaggio» ed elaborando una nuova strategia per diffonderlo. Poi informano che i vertici del partito si sono riuniti a metà marzo per tre giorni a Leesburg, in Virginia, a un’ora da Washington, per preparare nuove iniziative legislative e modi di «ritrovare una connessione» con gli elettori. Infine, invitano alla pazienza, perché occorre osservare l’avversario per poterlo combattere, e, in ogni caso, la vera “resistenza” si è spostata nei tribunali, che sono il posto migliore per fermare «questo attacco frontale alla Costituzione».

I parlamentari di sinistra più coraggiosi illustrano questi passi nel corso di incontri con la cittadinanza (nei centri comunitari delle città americane) che puntualmente degenerano in urla di esasperazione quando, alle parole “ritirata strategica” o “nuovi approcci alla comunicazione”, gli elettori rispondono chiedendo “spina dorsale” e “azione”.

Si direbbe che il partito democratico sia paralizzato dal senso di impotenza di aver perso in un colpo solo la Casa Bianca ed entrambe le Camere e dalla vergogna di aver fallito miseramente nelle elezioni di novembre, quando la sua base gli ha voltato le spalle.

Forse sono anche sbalorditi, come la maggior parte degli osservatori della politica americana, dalla rapidità con la quale Trump ha rivoluzionato il governo federale e guadagnato autorità. È lo stesso misto di stupore, incredulità e paura che spiega anche l’assenza di proteste di massa, di boicottaggi dei consumi e della nascita di movimenti politici online negli Stati Uniti.

Nei circoli liberal di Washington si respira persino un certo cinismo, un “ve l’avevamo detto”, di chi scrolla le spalle e punta il dito contro i milioni di americani che hanno eletto Trump nonostante i democratici li avessero avvertiti dei rischi che rappresentava. Intanto la spirale degli Stati Uniti verso l’autocrazia e l’oligarchia accelera ed è sempre più ipnotizzante, come prevede il manuale dell’aspirante dittatore: capovolgi il normale, rendi tutto estremo, agisci come se nulla potesse fermare la tua avanzata.
L’unico che continua a girare di Stato in Stato per contrastare l’Amministrazione Trump è il senatore democratico (che preferisce definirsi socialista) Bernie Sanders — e i suoi comizi radunano folle sempre più imponenti.

Ma il silenzio dell’opposizione non fa che diminuire la credibilità che i democratici hanno perso quando hanno sostenuto la decisione di Joe Biden di ricandidarsi – pur sapendo che era assolutamente inadeguato – mentre, allo stesso tempo, proclamavano ai quattro venti che la posta in gioco con il voto del 2024 era epocale. È vero quello che molti a sinistra ammettono con la testa bassa: il partito ha perso il contatto con l’elettorato. Ed è altrettanto vero quanto molti analisti politici aggiungono: non c’è tempo per un esame di coscienza prolungato.

Non si può nemmeno ipotizzare, come alcuni membri dell’opposizione hanno sostenuto durante la riunione in Virginia di una settimana fa, che il movimento Maga imploda sotto il peso di una recessione. La storia suggerisce infatti che una crisi finanziaria o altri eventi traumatici forniscono ottime giustificazioni per aumentare la repressione del dissenso.

I democratici - o qualsiasi altro gruppo che volesse rivestire il manto dell’opposizione - avrebbero invece la necessità di ripartire dal basso. Non dal Congresso, non da Washington, ma dalle assemblee pubbliche di quartiere o di paese, dall’ascoltare quale mossa dell’Amministrazione Trump sta avendo il maggiore impatto negativo sulla popolazione e cavalcarla. Il successo di tale strategia politica non sarebbe certo garantito, ma forse quanto meno scalfirebbe la sensazione diffusa di una Casa Bianca che, al momento, nessuno pare in grado politicamente e istituzionalmente di controbilanciare.


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