mercoledì 16 gennaio 2019
Nella maggioranza degli Stati Ue non è reato importare un bene culturale che ha lasciato illecitamente il suo Paese d'origine. Un nuovo regolamento uniforma le regole per un'Europa meno strabica
"Leonessa che attacca un Nubiano", uno dei capolavori rubati al museo di Baghdad nel 2003 e mai più ritrovate

"Leonessa che attacca un Nubiano", uno dei capolavori rubati al museo di Baghdad nel 2003 e mai più ritrovate

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Nel novembre del 2015 a una banda di criminali dell’Est Europa è riuscito il grande colpo a Verona. Con l’aiuto di un vigilante corrotto sono entrati di notte nel museo di Castelvecchio e se ne sono andati poco dopo portandosi via diciassette capolavori dell’arte italiana, comprese la "Madonna della quaglia" di Pisanello e opere di Tintoretto e Mantegna. Un bottino da circa 20 milioni di euro. Nei piani della banda quei gioielli dell’arte dovevano finire a decorare le pareti nelle case di miliardari russi con pochi scrupoli. Invece la polizia ucraina nel maggio del 2016 ha trovato i capolavori rubati dentro dei sacchi di plastica in mezzo a dei cespugli lungo il fiume Dnestr, in Ucraina. Probabilmente quella era una delle loro ultime tappe prima della vendita ai collezionisti. Se il museo di Castelvecchio è riuscito ad avere indietro i suoi quadri è grazie al lavoro di squadra tra la polizia e i carabinieri italiani e i loro colleghi ucraini.

Nel contrasto al traffico di opere d’arte rubate – un mondo criminale che, secondo alcune stime, ha un giro d’affari compreso tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari all’anno la collaborazione internazionale è decisiva. Ci sono convenzioni e protocolli condivisi in quasi tutto il pianeta – come quelli dell’Aja del 1954, dell’Unesco del 1970 e dell’Unidroit del 1995 – e un ruolo centrale spetta all’Interpol, la polizia internazionale, che fin dalla sua fondazione coordina e agevola il lavoro delle forze di sicurezza di tutti gli Stati. La vecchia Europa per storia sa perfettamente quanto sia importante rispettare le opere d’arte e la cultura di cui sono espressione. Il dialogo tra Italia e Germania sul "Vaso di fiori" di Jan van Hysum che secondo il direttore degli Uffizi è stato rubato a Palazzo Pitti dai nazisti conferma l’elevato livello attenzione sulla tutela dell’arte.

Un particolare della Madonna della quaglia di Pisanello

Un particolare della Madonna della quaglia di Pisanello - Photo Paolo Villa

Però sul traffico illecito di beni culturali l’Unione ha regole strabiche. O, meglio, sorprendentemente egocentriche. Un regolamento approvato nel 2009 fissa infatti norme comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea per quanto riguarda le opere d’arte che illegalmente lasciano il territorio della Ue. Ma per quanto riguarda le opere che entrano in Europa, vale il "liberi tutti": con l’eccezione di due intese "d’emergenza" contro il traffico di beni culturali provenienti dai territori di guerra di Iraq e Siria, l’Europa lascia che ogni Stato si regoli come ritiene. Con il risultato concreto che oggi nella maggioranza degli Stati membri dell’Unione Europea non è un reato importare un bene culturale che ha lasciato illecitamente il suo Paese d’origine. Questo con grande soddisfazione dei collezionisti e dei mercanti d’arte europei (molto spesso britannici), che possono approfittare di questo buco normativo per concludere ottimi affari, a danno di Paesi poveri che, anche quando si tratta di capolavori portati via illegalmente, non riescono a controllare i loro confini.

«Le immagini della distruzione del sito di Palmira ad opera dell’Isis sono ancora vive nei nostri occhi, ma parlare di distruzione è impreciso – nota Alessia Mosca, eurodeputata europea del Pd –. Si è trattato di uno smantellamento vero e proprio. I reperti più preziosi sono stati trafugati e venduti sulla piazza europea. Dopo aver privato il popolo siriano della propria storia e della propria cultura, gli acquirenti europei hanno contribuito al finanziamento diretto di un’organizzazione terroristica». Una proposta in discussione a Strasburgo potrebbe mettere fine a questo ipocrita strabismo normativo.

All’Europarlamento si sta lavorando infatti all’approvazione del nuovo regolamento sull’importazione dei beni culturali. Un testo che parte da un principio al quale difficilmente si può obiettare: l’Unione Europea deve garantire lo stesso grado di protezione riconosciuto ai proprio beni culturali anche a quelli importati da altri Paesi. Il regolamento armonizza quindi le regole per l’ingresso all’interno dell’area dell’Unione Europea di un’opera d’arte. In concreto offre una definizione precisa di che cosa sia un bene culturale e introduce la richiesta di certificazioni e documentazioni standard a chi intende importare arte nella Ue. Così diventa impossibile portare in Europa opere artistiche se non si è in grado di dimostrare di esserne i legittimi proprietari.

Tra le misure c’è anche la creazione di nuovo sistema di licenze per l’importazione di alcune categorie specifiche di beni culturali che sono particolarmente soggette a furti e saccheggi, come beni archeologici, pezzi di monumenti o di siti archeologici, manoscritti e libri antichi. on è stato semplice arrivare a un te-Nsto condiviso. Soprattutto per la pressione degli inglesi, che volevano evitare ogni complicazione burocratica per non dare impicci al loro fiorente mercato dell’arte. Una resistenza che si spiega anche con la prospettiva dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea: fuori dall’Unione e con regole più restrittive riguardo i passaggi di opere dal Regno Unito ai Paesi europei, Londra potrebbe perdere una grossa fetta del mercato a favore di altre piazze che invece rimarranno all’interno della Ue, come Parigi.

Il risultato di queste visioni divergenti tra i 28 Paesi è ben visibile nella proposta inizialmente avanzata dalla Commissione, che proponeva di stabilire che il regolamento si applicasse solo a beni con più di 250 anni di età, una soglia non solo molto più ampia di quella prevista dalle convenzioni internazionali ma anche dei 100 anni indicati come soglia minima per i beni artistici che escono dalla Ue. «Pur condividendo tutti l’urgenza di agire, abbiamo avuto difficoltà nell’identificare il giusto equilibrio fra la necessità di porre un freno a questi traffici illeciti e l’obiettivo di non caricare di inutili lungaggini burocratiche gli operatori privati e le dogane» ha spiegato Mosca, che è relatrice del testo a Strasburgo assieme all’inglese Daniel Dalton, dei Conservatori e Riformisti europei, che difendeva gli interessi di case d’asta e mercati d’arte britannici.

Il regolamento che sta andando verso l’approvazione definitiva però è stato corretto. La soglia minima per rendere obbligatorio il controllo delle opere d’arte è stata riportata a 100 anni e sono state anche previste regole speciali per i beni culturali che arrivano da Paesi in conflitto. A dicembre si è trovato l’accordo tra Parlamento, Consiglio e Commissione europea. A questo punto il testo tornerà in Parlamento, che dovrebbe approvarlo in sessione plenaria tra febbraio e marzo, poco prima che le elezioni di maggio cambino gli equilibri e costringano a ricominciare da capo. Riconoscere che le regole a tutela delle opere di valore prodotte nei secoli dalla cultura europea devono essere applicate anche a ciò che di buono è stato prodotto fuori dal Vecchio continente sarebbe un importante progresso di civiltà per un’Europa oggi in crisi d’identità.

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