Qualche giorno fa papa Francesco twittava: «Sono vicino a tanti anziani che vivono come nascosti, dimenticati, trascurati. E ringrazio chi si impegna per una società più inclusiva, che non ha bisogno di scartare chi è debole nel corpo e nella mente». Non è la prima volta che l’attenzione del Papa si appunta sul 'continente anziani' nel quale non è infrequente imbattersi in difficoltà e problemi, determinati spesso dalla cultura dello scarto. Francesco interveniva in occasione della Giornata Oms 'contro gli abusi sugli anziani', che riguarderebbero, secondo gli studi dell’agenzia internazionale, una persona su sei. Un dato triste. Ma c’è un abuso, che è il più comune e il più penoso di tutti: l’isolamento, l’esclusione.
E c’è un tempo in cui la solitudine fa più male che in ogni altro tempo: l’estate. Nella nostra Europa dai capelli grigi, in cui non si sono ancora fatti i conti con la lunghezza degli anni, gli anziani vengono percepiti come quelle «vite di scarto» di cui parlava Bauman. Soffrono del fatto che la vicinanza degli altri si fa meno presente, mentre l’istituzionalizzazione – che riguarda un numero crescente di persone – separa violentemente da un vissuto che fino ad allora era stato vario e autonomo. Nella 'cultura dello scarto' si manifesta il pensiero che qualcuno deve essere isolato perché debole e quindi necessariamente dipendente dagli altri. Eppure, è scritto nella natura dell’essere umano: da soli non si vive, ma si muore! La vita è interdipendenza e solidarietà. L’esistenza – è esperienza comune – è divenuta più individuale, le trame connettive si sono sfilacciate. Lo spirito del tempo è che ci si salva da soli. Peccato che proprio chi non vorrebbe vivere quella solitudine e al contrario dovrebbe godere di reti solidali e comunitarie, è condannato all’esclusione e all’isolamento. Tanto più in questi giorni.
Di fronte al caldo che sentiamo e a quello che si preannuncia, facciamo nostro l’appello del Papa. Impegniamoci davvero per una società più inclusiva, che non scarti nessuno, che non lasci sola la nostra vicina anziana del piano di sotto o di sopra, la signora che percorre faticosamente la nostra stessa via. Una visita può salvare la vita, una semplice telefonata può proteggere più di quanto pensiamo. La vita può farsi rete e la rete può salvaguardare la vita. Occorre una cultura che non scarti nessuno, ma che includa e valorizzi tutti. È ora di ricostruire intorno agli anziani una rete di rapporti, vicinato, volontariato, impegno per il bene comune, che sia garanzia di vita per chi è avanti con gli anni. Ma alla fine per noi stessi, per tutti. Il Papa ha spesso insistito sulla 'riconciliazione' tra generazioni diverse: i giovani e gli adulti hanno bisogno degli anziani e viceversa. Tale incontro fa scoprire ai più giovani che la longevità è uno dei frutti migliori del nostro tempo, e agli anziani che hanno ancora molto da dare in scelte, amicizia, saggezza.
Gli anziani continuano a sperare, se sostenuti dai giovani e dagli adulti. La speranza non abbandona giovani e adulti se sanno che al termine del proprio percorso non c’è il baratro, ma l’accompagnamento. All’inizio del suo pontificato, incontrando gli anziani, papa Francesco aveva detto: «Fa tanto bene andare a trovare un anziano! Guardate i nostri ragazzi: a volte li vediamo svogliati e tristi; vanno a trovare un anziano, e diventano gioiosi!». E concludeva con le parole che avrebbe ripreso in un tweet, cinque anni dopo: «Noi cristiani, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, siamo chiamati a costruire con pazienza una società diversa, più accogliente, più umana, più inclusiva, che non ha bisogno di scartare chi è debole nel corpo e nella mente». È questo il lavoro paziente ma tenace da portare avanti nelle prossime torride giornate d’estate, un impegno di condivisione, di vicinanza, che cambi dal di dentro una stagione troppo arida e respingente.