«Il viaggio non è finito qui» recita la scritta che campeggia sul sito web dei Google glass. Ma il sito è fermo e i profili social dedicati ai «magici occhiali », lanciati da Google e che dovevano cambiare il mondo, sono stati chiusi. Google, dopo anni di proclami, previsioni e articoli entusiasti, si è arresa. Gli «occhiali computer» che avrebbero proiettato nei nostri occhi video e informazioni anche mentre camminavamo, sono archiviati (almeno nella versione per il grande pubblico). E chi aveva già comprato i prototipi dei Google glass per 1.500 dollari, forse, li venderà fra qualche anno in un’asta per collezionisti. Il mondo della tecnologia – e più in generale «delle invenzioni» – è pieno di progetti falliti o che hanno cambiato pelle in corso d’opera. Persino successi come Facebook e Skype sono molto diversi da com’erano stati pensati. Perché il bello della vita è che niente si può solo calcolare con algoritmi e ricerche di mercato. Serve l’impatto con la vita reale e i bisogni reali delle persone perché le idee (tecnologiche e non) trovino la loro strada e si diffondano. In più, come ci insegna la storia (tecnologica, in questo caso) non sempre sono le idee più forti a sfondare. Il VHS divenne lo standard dei videoregistratori anche se era tecnicamente inferiore ai concorrenti Video 2000 e Betamax. Abbiamo divagato. Ma solo per spiegare un concetto: la fine dei Google Glass come «oggetto» per tutti, non significa né che siano morti definitivamente né che ciò è accaduto perché non fossero una buona idea. Non a caso, il progetto proseguirà sul fronte professionale. Con impieghi in campo medicale e non solo. Non li indosseremo però in metro (come nella celebre foto usata per il lancio sui media) o seduti nella poltrona di casa. E per un motivo molto semplice: perché il mercato – e quindi, ognuno di noi – li ha ritenuti (per ora) troppo complicati, troppo invasivi, troppo costosi e, alla fin fine, troppo poco utili. In fondo, la vera lezione del fallito lancio dei Google Glass, è proprio questa: siamo sempre noi (alla fine) a decidere il successo di un prodotto. Anche quando a volercelo imporre è un’azienda globale, ricca e potente come Google. Meglio non dimenticarselo.