Penso, e ho già scritto, che il Paese meriterebbe più chiarezza, più disinteresse e più coraggio. Penso anche che questo compito spetti prima di tutto a chi è gravato in misura maggiore da poteri e doveri, cioè a chi ci governa. E spero sempre di essere sorpreso da una risposta forte e all’altezza della triplice crisi (economica, sociale e politica) nella quale siamo immersi. Tuttavia ho imparato, nel mio mestiere di cronista, che "andarsene" non basta (quasi) mai. Soprattutto, caro signor Ortolina, quando non è ancora affatto chiaro chi – e come – viene avanti. E quando dico questo, guardo in molte direzioni, anche in quella della cosiddetta società civile, anche se ovviamente non posso fare a meno di scrutare prima di tutto le fila di una maggioranza sfatta, rifatta e ora di nuovo in fibrillazione e quelle delle attuali (e diverse) opposizioni che appaiono intente (o, forse, sono solo rassegnate) a faticosi via vai e a un alternarsi tra "Aventino" e ostruzione nelle aule delle Camere. Più che diluvi, insomma, vedo nebbie. E, nelle nebbie, nessun «meglio», ma un altro voto di fiducia in Parlamento e sempre meno fiducia tra la gente. Questo è il problema (ancora una volta politico, sociale ed economico). Questo è il motivo per cui molti tra coloro che hanno voce e hanno esperienza dell’autentica realtà italiana – e sono felice di constatare che ci sono praticamente tutti quelli che fanno comunità, associazione e movimento da cattolici impegnati – stanno cercando di svegliare e di incalzare positivamente chi oggi abita il Palazzo. Bisogna accendere luci di riferimento, e alzarle bene in vista.