venerdì 30 gennaio 2009
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Caro Direttore,è vero che il D.L. in materia di bonus per le famiglie a basso reddito prevede tale una tantum solo per le famiglie povere in grado di presentare i redditi percepiti nel 2007 e nel 2008? Perché, allora, le famiglie povere sulle quali lo Stato di disoccupazione dei coniugi grava da molto più tempo (e quindi non possono presentare i redditi del 2007 e del 2008) non hanno diritto al bonus? Non Le sembra che questa misura varata dal governo sia non solo insufficiente, ma anche fortemente discriminatoria, determinando, di fatto, una distinzione tra famiglie povere «di serie A» e famiglie povere «di serie B», sulla base di un mero requisito formale, trascurando l’effettivo status di povertà (certificabile Isee), che accomuna tutte le famiglie senza reddito?

Angela Padovano

Caro Direttore,vorrei gridare ai nostri governanti di smetterla di declamare i benefici elargiti ai più deboli, perché è solo una presa in giro. Sono una miodistrofica; ho passato la vita tra letto e carrozzella; sono sola, con una pensione minima (quella di invalidità diventata sociale al 65° anno) e un affitto da pagare. File interminabili (cercando chi me le potesse fare), moduli da riempire, intoppi burocratici e tanto tempo perso senza ottenere nulla. Il bonus per le famiglie non mi spetta perché il mio Isee è zero; il modulo per la riduzione della bolletta gas non è ancora disponibile; quello per la luce c’è ma per mancanza di ordini non viene accettato, infine la "social card" – la cosa più complessa che si potessero inventare –: un’impresa averla e quasi certamente non mi verrà caricata perché, a detta di un funzionario Inps alla Tv, sarà conteggiato l’assegno di accompagno. Una cosa vergognosa! L’assegno, un piccolo contributo concesso per fronteggiare al minimo la disabilità (spese mediche, assistenziali, medicinali quasi tutti in fascia C) che mai ha fatto reddito e che viene dato a tutti i non autosufficienti. Tolte le spese indispensabili per la salute, l’affitto, le bollette, cosa resta per mangiare? E hanno il coraggio di rifiutare la "social card"! Chi ha un reddito minimo, una casa, una macchina, può ottenerla; chi ha invece una pensione minima senza né casa né auto, resta fuori perché ha l’assegno di accompagno.

M.T., Roma

Caro Direttore,ora ci sarà la pensione di invalidità anche per quegli stranieri che non hanno carta di soggiorno per non aver raggiunto i requisiti di reddito previsti dalla legge. La Corte Costituzionale infatti ha dichiarato illegittima l’esclusione dai benefici, impugnando una norma che creava disparità di trattamento tra stranieri e cittadini, decretando il principio di uguaglianza. Questo principio esiste forse tra famiglie vedove e altre tipologie di famiglie (tradizionali, numerose, separate, divorziate, immigrate)? Queste famiglie godono degli stessi trattamenti e degli stessi benefici delle altre? O non siamo più famiglie? Quanti sono a conoscenza delle condizioni in cui si vive? Se viene a mancare precocemente un genitore (di solito il capofamiglia) non si ha diritto alla pensione di reversibilità se non si sono raggiunti i requisiti di legge, nonostante i contributi regolarmente versati. Ora scopriamo che anche i conviventi stanno meglio di queste famiglie, perché potranno presentare due richieste di bonus a differenza delle famiglie vedove in cui si può anche realizzare la condizione assurda per il genitore superstite che lavori, di non poter avere i figli a carico e quindi godere di detrazioni fiscali e deduzioni (come per le altre famiglie, separate comprese), se gli orfani sono titolari di un assegno di reversibilità superiore anche di solo 10 euro al tetto massimo di ben 2.840,51 euro lordi all’anno. Dov’è l’equità sociale? Perché lo Stato deve trattenere tutti i contributi versati dal lavoratore se questo muore precocemente, consegnando la famiglia alla carità?

Amelia Cucci Tafuro

Pubblico volentieri le vostre lettere, cari amici, a documentazione delle difficoltà e anche delle incongruenze che accompagnano le più recenti misure di contrasto alla povertà deliberate dal nostro governo. Gli esempi che voi portate: lavoratore disoccupato senza reddito, invalido con assegno di accompagno, famiglia vedova non lasciano margine a dubbi o distinguo. Si tratta di condizioni il cui disagio è manifesto e inoppugnabile, eppure i paletti che delimitano la possibilità di attribuzione della social card o dal "bonus famiglia" vi lasciano fuori. E gli esclusi come voi non sono poche unità, ma rappresentano una cospicua porzione di popolazione, al punto da sollevare interrogativi sull’efficacia complessiva delle misure. Ecco così che un disoccupato a reddito zero (e cioè che non ha percepito alcuna indennità per la disoccupazione nel 2007 o nel 2008, i periodi d’imposta che alternativamente possono essere presi in considerazione) non può richiedere il bonus straordinario in quanto non è percettore almeno di uno dei redditi previsti dall’art.1 del decreto legge n.185/2008 (se il soggetto non è l’unico componente del nucleo familiare, la presenza/assenza di reddito va riferita al nucleo familiare). E il nucleo familiare di riferimento per la richiesta del bonus non è quello anagrafico, ma la famiglia "fiscale" composta dal richiedente il bonus, il coniuge anche non fiscalmente a carico, i figli e gli eventuali altri familiari a carico. Un unico componente il nucleo familiare ha diritto a richiedere il bonus se titolare di pensione con reddito complessivo non superiore a 15.000 euro. A una famiglia in cui il capofamiglia è morto prima di aver raggiunto i requisiti minimi pensionistici, non viene riconosciuto alcunché. E i disabili anziani con assegno di accompagno sono anch’essi tagliati fuori. Tutto ciò fa risaltare due deficit strutturali che da sempre caratterizzano le politiche sociali del nostro Paese e cioè la mancanza di un disegno complessivo di lotta alla povertà e l’assenza di un quadro organico di iniziative a sostegno della famiglia. Dietro le casistiche delle vostre lettere, però, ci sono persone e famiglie vere: le segnaliamo agli esperti del ministero del Tesoro, perché con la necessaria dose di realismo e di flessibilità, vogliano esercitarsi per ritagliare qualche spazio, almeno sul piano dell’applicazione dei provvedimenti anticrisi alla situazione del Paese reale.
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