L’attesa di un ulteriore intervento di papa Francesco sulla drammatica vicenda umana del bambino malato Charlie e dei suoi genitori era grande sia tra i cattolici che tra i non credenti che riconoscono e stimano la grande autorità morale e spirituale, senza confini di religione e di patria, del successore di Pietro. Ancor più viva lo era tra le mamme e i papà che in ogni parte del mondo seguono con trepidazione e angoscia le sorti – ormai legate a un esile, ma tenace, filo di speranza – di questo “loro” figlio.Anche in questa circostanza, l’attesa non è stata vana. Domenica sera il comunicato della Sala stampa vaticana ci ha informati che il Papa «segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo».Il desiderio di ogni genitore che ama il proprio figlio e ha offerto la sua vita per lui è quello di stargli accanto, in qualunque condizione fisica egli si trovi, di curarlo personalmente e instancabilmente e vederlo curato senza desistenza dai professionisti della salute ai quali è temporaneamente affidato a motivo di una sua malattia.
È un desiderio genuino, ragionevole e originario, non un surrogato irrazionale dell’affetto materno e paterno, e neppure un derivato di concezioni o condizionamenti culturali e sociali. Un desiderio inciso nella natura sorgiva della genitorialità e nel fondamentale ruolo sociale dei genitori, e come tale fonte del diritto-dovere riconosciuto al padre e alla madre di essere i primi e prioritari custodi e promotori del bene dei propri figli, come recitano le carte nazionali e le convenzioni internazionali. Nessun rescritto umano può cancellare ciò che Dio ha inscritto nel cuore dell’uomo e della donna chiamandoli a diventare suoi collaboratori nella procreazione e nella custodia della vita umana, che è sempre un bene.
Anche il Dipartimento della salute britannico – in una guida destinata ai genitori dei piccoli pazienti dal titolo “Che cosa avete i diritto di aspettarvi” – si attende «che i genitori prendano le decisioni sulla cura della salute dei loro figli basate su quello che essi intuiscono sia il “benessere” o il “miglior interesse” del bambino». È una intuizione del cuore e della ragione di una madre e di un padre che sta alla base di quella che lo stesso documento del Servizio sanitario nazionale inglese chiama «responsabilità genitoriale» e che papa Francesco chiede di non trascurare anche nel delicato e complesso caso di Charlie.
Di fronte alla vita e alla morte di un bambino malato, le giuste prerogative della professionalità medica e il necessario diritto positivo della giurisprudenza sono chiamati a essere discreti, a fare generoso spazio – ancor più che in altre situazioni cliniche – alle attese dei genitori e al loro diritto naturale di non vedere, fino alla fine dei suoi giorni sulla terra, il proprio figlio privato dell’accompagnamento umano, che solo l’intimità con la mamma e il papà può offrire, e della cura medica appropriata, sia di natura “terapeutica” che di “supporto vitale”. Anche se questa decisione last minute comportasse la modifica di un protocollo clinico costato lunga fatica di studio e di discussione dei dati diagnostici e prognostici tra i medici cha hanno in cura il piccolo paziente, o richiedesse una “seconda lettura” dei pronunciamenti delle Corti che hanno affrontato il contenzioso nei mesi scorsi, questo travaglio non sarebbe senza merito né resterebbe senza unanime riconoscimento.
Inchinarsi di fronte alla vita che ancora anima l’esistenza di questo bambino e sorregge quella dei suoi genitori è un gesto grande, degno di grandi medici e di grandi giuristi, assai più che restare attaccati all’idea che sulla “qualità” e sulle “aspettative” di questa vita si è costruita. La medicina e la legge sono fatte per l’uomo, non l’uomo per la medicina e la legge. E l’offerta di cura “senza se e senza ma” per Charlie arrivata, in eloquente coincidenza con la pressante preghiera di papa Francesco, dall’eccellente Ospedale romano (e vaticano) Bambino Gesù lo ha ricordato al mondo intero. Ancora una volta il Papa, che non si stanca di denunciare la «cultura dello scarto», è stato capace di scuoterci ricordandoci che le idee umane si possono (e, in alcuni casi, si devono) scartare, mentre la vita dell’uomo – che eccede ogni idea che su di essa possiamo farci – non può mai essere gettata via: va amata, accompagnata e curata sino alla fine.