Torna la fucilazione per i condannati a morte nell’Idaho: che s’aggiunge a Mississippi, Oklahoma e Carolina del Sud. Fino a ieri si usava l’iniezione in vena. Ma le industrie che fabbricano le sostanze necessarie per l’iniezione si oppongono all’uso del loro prodotto per far morire, dicono che loro sono industrie sanitarie, lavorano per salvare la vita, non per sopprimerla. Si poteva dar loro retta. E invece tornano al lavoro i plotoni d’esecuzione.
Su questo rito, fucilare il condannato, s’è tanto esercitata la cultura militare dei popoli, ed è interessante capire come si è mossa, quali princìpi applica. Anzitutto, perché si dice “plotone d’esecuzione”? In realtà a sparare al condannato è una squadra, di una decina d’uomini, non un plotone, che di uomini ne ha 42. Chi scrive qui è un tenente, comandante di plotone. Quando ho frequentato la Scuola Ufficiali, e quando poi da ufficiale ho comandato un reparto, nessuno mi ha mai spiegato perché si dice “plotone d’esecuzione”. Una risposta me la son data da solo, e spero che sia vera. Dare la morte è un atto impegnativo, che richiede autorità e diritto, e che dev’essere compiuto da un alto rappresentante dello Stato: non basta un sergente, ci vuole un ufficiale. Nello stesso tempo però è un atto sgradito, ogni ufficiale cerca di rifiutarlo, e la conclusione è che alla fine lo eseguirà l’ufficiale più basso in grado: il comandante di plotone. In Emilio Lussu c’è un capitano, che comanda una compagnia, che rifiuta di eseguire una fucilazione, dicendo: «Spetta a un comandante di plotone, scegliete un tenente».
Anche qui, nell’Idaho, spetterà a un tenente. Uccidere con fucilazione è persino più crudele che uccidere con l’iniezione, perché le siringhe dell’iniezione sono azionate da macchine, il condannato viene ucciso per così dire meccanicamente, ma con la fucilazione viene ucciso da uomini. Questi uomini prendono il fucile da una rastrelliera, il fucile è già carico, ha la palla in canna, pronta per essere sparata. A volte, non sempre, un fucile, uno solo, è caricato a salve, non ha la pallottola, e siccome la pallottola è di piombo, il fucile senza pallottola pesa di meno: ogni soldato, prelevando l’arma, ascolta i nervi e il cervello per capire se il suo fucile ha la pallottola o no, cioè se lui uccide o no.
Le fucilazioni “graziate” vengono fermate un attimo prima dello sparo. Così fu per Dostoevskij. Dostoevskij fu schierato con gli altri condannati, e al plotone furono dati tutti gli ordini fino al “puntàt”, ma a quel punto il tenente tirò fuori e lesse la grazia dello zar. In quel momento Dostoevskij ebbe un attacco di epilessia. E l’epilessia lo accompagnò poi per tutta la vita.