Caro direttore,
non posso silenziare la eco che il bellissimo pezzo di Mariolina Ceriotti Migliarese (30/5) dal titolo «Ha la sindrome di down: la ma nipotina è bella» ha prodotto in me, toccando corde che sento personalmente molto vere. Quelle parole non hanno certo bisogno di commento alcuno, talmente è semplice e diretto il concetto che offrono, pura genuinità di esperienza vissuta. Semmai vorrei provare ad aggiungere una diversa sfaccettatura di quel mirabile caleidoscopio dentro il quale la bellezza nelle sue varie forme sprigiona la sua irresistibile attrazione.
Da qualche anno mi fa compagnia la malattia del Parkinson, che mi ha fatto, fondamentalmente, due doni. Il primo è stato ed è il realizzarsi delle promesse fattemi nell’àmbito di un cammino di fede da me seguito per tanti anni: sempre mi si preconizzava che tutto il deposito della fede frutto della predicazione mai più si sarebbe estinto e ciò, al momento opportuno, si è realizzato con potenza. Il secondo è stato, ed è, la intensità nuova e più profonda che i vari momenti della mia giornata e della mia vita hanno assunto, in modo spontaneo e inaspettato; mi riferisco alla famiglia, al lavoro, alle relazioni amicali, ecc.: cose concrete, di tutti giorni. Ecco: tutto ciò mi fa sentire realmente persona più completa. Più gioiosa perché più bisognosa (questo lo dico avendo nel cuore tutti coloro i quali nel dolore e nella malattia sperimentano unicamente la disperazione). Io credo che tutte queste 'scandalose bellezze' delle quali stiamo parlando abbiano molto a che fare con la Bellezza del sacrificio di Gesù sulla croce; penso che sia quel momento lo spartiacque: la Sua vittoria sulla morte rende possibile la non-più disperazione. Preferisco concludere, però, non con mie parole, ma con un breve passo dal libro 'La via della Bellezza': «Ora, questa bellezza del Crocifisso, ricomponendo in noi la capacità di sentire esteticamente la realtà, guarisce i nostri sensi feriti e malati».
Stefano (mi raccomando firmi solo col nome, grazie)
L’accontento, caro amico, perché capisco bene la ragione del suo riserbo. E le dico semplicemente grazie. Questa sua lettera aiuta a capire perché non riesco a stancarmi di ascoltare i nostri lettori.