Su 2,8 milioni di auto circolanti in Norvegia, più del 20% sono elettriche e i punti di ricarica nel Paese sono 18mila
La signora al volante sulla sua Volvo famigliare è la terza nella coda per rifornirsi alla colonnina. Spegne il motore, apre un libro e non mostra segni di impazienza: sa esattamente quanti minuti dovrà attendere, perché ha consultato l’applicazione sul suo cellulare. Che non solo le ha segnalato che in quella stazione di servizio tutti e sei gli erogatori al momento sono occupati, ma anche la percentuale di corrente che le due vetture che la precedono devono ancora caricare. È quasi sera e il termometro segna 3 gradi sottozero. Questo, più che l’attesa, è il pericolo che preoccupa i norvegesi. Per definirlo, da queste parti hanno addirittura inventato una parola: “rekkevideangst”, ovvero la paura che l’auto elettrica si scarichi all’improvviso e ti lasci a piedi tra i fiordi. Tutto il resto è secondario.
Benvenuti a Oslo, Europa del Nord, un altro mondo. È qui che dobbiamo venire per imparare a diventare elettro-compatibili, inseguendo un sogno di mobilità che oggi, alle nostre latitudini e con realtà ben diverse da affrontare, sembra quasi un'utopia. Non lo è in Norvegia, Paese dove la gente si sposta in bicicletta anche quando nevica. E capitale mondiale delle batterie sotto al cofano, dove già dal 2016 il Parlamento ha deciso che dal 2025 - quindi con 10 anni di anticipo rispetto ai Paesi dell’Unione Europa tutte le auto nuove vendute dovranno essere a “emissioni zero”. Per arrivarci però ha varato un piano massiccio e impegnativo che agevola chi acquista e utilizza l’auto elettrica, e penalizza chi invece ancora sceglie auto dotate di motore termico. Risultato: di tutte le nuove autovetture immatricolate nel 2022, più di 138mila erano elettriche, per una quota del 79,3% sul totale di 174mila auto vendute nel Paese. Per scelta, e non per caso. Evitando di imporlo senza offrire quasi nulla in cambio, come avviene altrove, ma grazie a una politica di incentivi davvero importante che è costata allo Stato un mancato introito di quasi 19,2 miliardi di corone (1,74 miliardi di euro).
Per questo ora il ministero dei Trasporti guidato da Jon-Ivar Nygård ha innestato una parziale retromarcia. Fino al 31 dicembre scorso le vetture a batteria in Norvegia non pagavano i traghetti e i pedaggi, ora hanno uno sconto del 50%. E anche le ricariche pubbliche, prima gratis, ora sono parzialmente tariffate. È cambiato anche il regime che riguarda la deducibilità ai fini fiscali delle auto aziendali, mentre sul costo dei parcheggi – che erano gratuiti – oggi decidono le singole municipalità. Anche l’utilizzo delle corsie preferenziali, prima consentito liberamente alle auto elettriche, ora è limitato solo agli orari non di punta. Ma, soprattutto, dal 1° gennaio l’esenzione totale dell’Iva al 25% sull’acquisto delle elettriche è stata revocata per le auto che costano oltre 500.000 corone (circa 45.200 euro), e c’è una nuova tassa sul peso delle vetture di 12,5 corone per ogni chilogrammo oltre i primi 500.
Essere ecologici insomma costa parecchio. In tempo e denaro: prima solo allo Stato, oggi in parte anche ai cittadini. Ma questo non impedisce alla Norvegia di essere la prima della classe per diffusione di veicoli elettrici. Oggi, su circa 2,8 milioni di auto circolanti, il 21% del totale è elettrico e sul territorio ci sono 18 mila punti di ricarica, dei quali 5.600 ad alta potenza, che erogano tutti energia verde, merce che la Norvegia ha in abbondanza al pari del petrolio, altra specialità della casa visto che è l’undicesimo produttore al mondo. Un patrimonio che le ha consentito di creare un fondo sovrano che al 31 dicembre del 2022, pur avendo subito un calo del 14,1% in valore rispetto all’anno precedente, ammontava a 12.429 miliardi di corone, qualcosa come 1.124 miliardi di euro.
Il parziale ripensamento in materia di agevolazioni ha deluso parecchio chi ha scelto recentemente l’auto elettrica e oggi si trova a dover fare conti diversi a fine mese. Ma lo schema di fondo non cambia: se le vetture a “emissioni zero” sono tassate a peso per non incidere troppo sui bilanci dello Stato, quelle a combustione interna lo sono in modo direttamente proporzionale alle emissioni prodotte secondo una precisa tabella perfettamente studiata ed inserita nel sistema fiscale norvegese. «Penalizziamo quello che non vogliamo e promuoviamo quello che desideriamo, in modo che il consumatore possa fare la scelta giusta», ha spiegato Christina Bu, segretaria generale della Norsk elbilforening, la “lobby” locale delle auto elettriche. Risultato: la Norvegia è l’unico Paese al mondo dove i veicoli di questo genere costano mediamente il 15% in meno di quelli a gasolio o a benzina, mentre in Italia (dati Jato Dinamycs, ma basta consultare un listino per verificarlo) hanno un prezzo di acquisto mediamente superiore del 42%.
Mentre in quasi tutti gli altri Paesi, Case automobilistiche e Stato discutono su chi debba assumersi i costi per l’ampliamento delle infrastrutture e sono soprattutto i privati a doversene occupare, il governo norvegese si è assunto la competenza per la realizzazione della rete di ricarica fondando un'azienda statale, la Enova, che assegna gli incarichi per la costruzione delle colonnine: oggi sono circa 1.000 solo a Oslo, un numero notevole considerando che la capitale ha meno di 700mila abitanti. Ma la Norvegia non ha puntato solo sulle automobili. Infatti, Oslo diventerà tra poco la prima capitale al mondo con un trasporto pubblico completamente a “zero emissioni”, traguardo fissato per fine anno che si inserisce nel maxipiano per decarbonizzare tutte le attività della città entro il 2030. Il primo passo della rivoluzione è stato già fatto con l’elettrificazione di molti traghetti che attraversano i fiordi circostanti. Ora è arrivato il turno degli autobus, con un progetto che porterà alla sostituzione di tutti i mezzi a gasolio con 450 e-bus. Il costo dell’investimento arriva a 48 milioni di euro ma Sirin Stav, vicesindaca e responsabile di Trasporti e Ambiente della capitale, ha recentemente annunciato che negli ultimi appalti i bus ecologici sono e saranno acquistati a un prezzo del 5% inferiore a quello degli “antenati” diesel.
Non è tutto così idilliaco, naturalmente. Le perplessità sullo smaltimento delle batterie esauste sono forti anche qui. E nessuno nega la problematicità di alcuni aspetti dell’elettrico, a iniziare dalla potenziale pericolosità delle batterie stesse. Un’importante compagnia di traghetti, la Havila Voyages, da qualche settimana non accetta più a bordo delle sue navi le vetture elettriche per ragioni di sicurezza, ammettendo di «non essere in grado di gestire il possibile incendio delle stesse», giudicate molto più a rischio delle normali auto termiche. Ironia del caso, le navi della Havila Voyages sono elettriche.
Intanto sono passati 15 minuti: è arrivato il turno della signora sulla Volvo che parcheggia di fianco alla colonnina, con grande naturalezza striscia la sua tessera magnetica e attacca la grande presa alla vettura, risale in auto e si rituffa nelle pagine del suo libro. Tra meno di 20 minuti avrà ricaricato a sufficienza per arrivare a casa. Con calma, come impone questo tipo di mobilità. Virtù che ci manca e della quale non sarebbe male fare il pieno per diventare migliori anche grazie a un volante.