Cagnotto, un altro figlio, la rinuncia alle Olimpiadi
martedì 11 agosto 2020

Cagnotto, un altro figlio, la rinuncia alle Olimpiadi Tania Cagnotto è una grande tuffatrice italiana, oro mondiale dal trampolino, medaglia d’argento e medaglia di bronzo alle Olimpiadi. Aspettava con pazienza l’arrivo delle prossime Olimpiadi di Tokyo, allenandosi e tenendosi in forma, col terrore che questa pandemia, e le regole di vita che impone, le facessero perdere quello che lei chiama «il senso dell’acqua», e quindi non le permettessero di gareggiare per il primissimo posto.

L’altro giorno ha messo un annuncio sulle sue pagine social: è incinta, aspetta un bambino, lo vuole, non andrà a Tokyo. Lo dice con dispiacere? Perde una grande soddisfazione di carriera, magari una medaglia d’oro, per una piccola gioia personale, avere un bambino? No, lo dice con entusiasmo, 'ho un bambino, scelgo la vita'. Non dice 'preferisco il bambino all’eventuale medaglia d’oro', ma dice: 'Preferisco la vita'.

Uno dei giornali su cui controllo la notizia dice che, poiché le successive Olimpiadi saranno fra altri quattro anni, questo addio a Tokyo diventa un addio ai tuffi. La tuffatrice non mette in pausa la sua carriera per un figlio ma la abbandona. Dunque, per lei, un figlio è la vita, e vale più di tutto il resto che la vita può dare. Ma la nostra tuffatrice sa cos’è un figlio, cosa vuol dire vivere con/per un figlio? Sì, perché è già madre, ha una bambina di due anni, che si chiama Maya. Intelligentemente, i giornali che tengo sott’occhio corredano la notizia con la foto della piccola: si vede la madre su un canotto, e la figlia che galleggia davanti a lei con un salvagente, e pare molto fiera di galleggiare, guarda l’acqua con un senso di trionfo. Non sto a giudicare se la nostra tuffatrice fa bene o fa male a rinunciare alla carriera, e cioè (posso usare questo termine?) alla gloria. Voglio solo sottolineare che lei fonde e identifica scegliere il figlio e scegliere la vita.

E che quindi chi rinuncia ai figli ma s’impegna sulla carriera a un certo punto non sa più cos’è la vita. L’ha perduta. Continua a parlarne, a discuterne, anche a giudicarla, a pronunciare condanne e approvazioni, a valutare le esperienze della vita, figli che vanno a scuola, maestri che non li capiscono, figli ribelli, figli ingrati, ma è solo teoria, fantasia, immaginazione. Moravia veniva sempre intervistato su figli e scuola e famiglia, ma non aveva figli o famiglia, non ne sapeva niente. Meneghello venne a casa mia per dirmi che io avevo dato degli ostaggi alla vita (avevo dei figli), e che la vita mi aveva in pugno, poteva sempre ricattarmi.

Ma i miei figli non erano anche delle avanguardie, pronte a inseguire il nemico? Ho sempre sentito un limite, un’incompletezza, un’inesperienza nei miei grandi amici – ci metto anche Parise – quando parlavano di vita e di famiglia. La loro carriera era folgorante e inarrestabile. Avevano potere, quanto non si può neanche sognare. Forse senza figli possiamo andare più avanti. Ma vivremmo una vita monca. Siamo nati per far nascere, viviamo per far vivere. Dunque, sto con Tania.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: