Papa Francesco, nel suo discorso ai membri del collegio cardinalizio e della Curia romana, ha invitato a percorrere la «via dell’umiltà» perché in essa è custodita la «lezione del Natale»: l’umiltà, infatti, rappresenta «la grande condizione della fede, della vita spirituale, della santità». Cristo è venuto nel mondo attraverso questa via e ci ha mostrato «una meta», che non si raggiunge con la forza della volontà, ma attraverso la partecipazione, la comunione fraterna e lo spirito missionario. Parole stupende che sono valide, ovviamente, per la Chiesa universale e ci restituiscono appieno il senso profondo del cammino che abbiamo intrapreso.
La Chiesa italiana, oggi, sta percorrendo la strada della sinodalità in un momento storico che è avvolto dalle tenebre della pandemia. Eppure all’orizzonte c’è la grande luce del Natale, che riscalda, ispira e rischiara il percorso. Un Bambino che si dona e che, con il suo atto d’amore, diventa criterio con cui rileggere gli avvenimenti. Non è un caso, dunque, che il tempo di Natale sia anche occasione per fare il bilancio dell’anno e per considerare i rapporti con i propri familiari, con gli amici, i colleghi e con quanti abitano le nostre giornate.
Ancora una volta, purtroppo, siamo in grande apprensione per la nuova ondata pandemica. Il Censis, nel suo ultimo rapporto, parla di «un’Italia irrazionale»: per alcuni milioni di italiani, che pretendono «di decifrare il senso occulto della realtà», il Covid addirittura non esiste e il vaccino è inutile. In nome di un diritto soggettivo di scegliere per la propria vita in totale autonomia, molte persone finiscono per dimenticarsi dei fragili, degli anziani e dei poveri, rompendo, in questo modo, i legami alla base della solidarietà umana. Mai come oggi è dunque necessaria l’umiltà: nel giudizio, nei rapporti interpersonali, nell’amore verso il prossimo.
Anche per questi motivi, non possiamo e non dobbiamo abituarci allo stillicidio, praticamente quotidiano, di morti sul lavoro e alle tragedie immani che continuano a compiersi, nell’inerzia colpevole della comunità internazionale, tra coloro che sono costretti a lasciare la loro terra per sfuggire alle violenze e alla fame. Il loro dramma ricorda che anche quest’anno il mondo è stato segnato da tensioni e da guerre e che alla maggioranza dell’umanità è ancora precluso il diritto a una vita libera e dignitosa. Avremo modo di aprire uno squarcio di speranza durante la seconda edizione dell’Incontro "Mediterraneo frontiera di pace" che si svolgerà a Firenze dal 23 al 27 febbraio 2022. Convinti, come ricorda il Papa nel Messaggio per la 55ª Giornata mondiale della pace, che «tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico».
Il pensiero commosso e la preghiera vanno anche alle vittime di gravi fatti di cronaca che nel 2021 hanno chiamato in causa, direttamente o indirettamente, le responsabilità di alcuni o l’incuria sistematica. Voglio qui ricordare in particolare, unendo il Nord e il Sud d’Italia, i tragici fatti del Mottarone e quelli recentissimi di Ravanusa. A fronte di questo quadro a tinte fosche, però, non bisogna cedere alla tentazione della rassegnazione, come nei giorni scorsi ci ha raccomandato il presidente Mattarella. Nell’imminenza della fine del suo mandato intendo rinnovargli il ringraziamento per la testimonianza che ha reso al Paese nel corso di questi sette anni. In lui possono riconoscersi tutti gli italiani – e sono la stragrande maggioranza – che anche quest’anno hanno dato prova di responsabilità e di solidarietà, di impegno rigoroso e di fratellanza operosa soprattutto con le persone più bisognose.
Quale il messaggio di questo Natale? Si può rispondere senza esitazione: la speranza! Che è bene ricordare non è la realizzazione di un desiderio, quanto di una sorpresa. Un evento che accade e sblocca una situazione che sembra irrisolvibile. Come i magi e i pastori, che si presentano a riverire un piccolo bambino adagiato in una mangiatoia. Mi piacerebbe che all’interno della comunità cristiana fossimo portatori di speranza in questo modo: provando a stupirci reciprocamente, a entusiasmarci l’un l’altro con la sorpresa dell’amore. Nel buio delle paure e dei rapporti per interesse, abbiamo la possibilità di portare un po’ di carità.
Il Signore che viene si lascia accogliere da chi ha occhi per stupire i fratelli con l’amore. Così l’amore arriva come la luce nelle tenebre. Se la contemplazione della scena della mangiatoia ci indurrà a diventare portatori di speranza agli altri, allora vorrà dire che l’Avvento è stato un cammino di umiltà che ci permette di vivere il Natale da cristiani.
Gualtiero Bassetti è cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana