venerdì 21 aprile 2017
Caro direttore, l’intervista a Beppe Grillo su 'Avvenire' del 19 aprile 2017 e quella a lei che ha affidato al 'Corsera' nello stesso giorno hanno suscitato un dibattito sulle questioni chiave ...
«Mondi cattolici» e visione a 5 Stelle
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Caro direttore,
l’intervista a Beppe Grillo su 'Avvenire' del 19 aprile 2017 e quella a lei che ha affidato al 'Corsera' nello stesso giorno hanno suscitato un dibattito sulle questioni chiave del nostro tempo, e sulla rappresentanza politica di queste, che andrebbe approfondito. Credo che le possibili convergenze su alcuni temi con questa o quella forza politica siano importanti, ma che il gran nodo sia il modello di società che si vuole realizzare, il progetto (possibilmente coerente), le strategie e gli strumenti di lavoro. Non c’è dubbio che su alcuni temi sociali ed economici ci siano analoghe sensibilità tra alcuni «mondi cattolici» e il Movimento 5 Stelle.

Ma a mio parere non c’è nemmeno dubbio che ciò che separa quegli stessi mondi dalla dalla 'visione del cosmo' che domina la costellazione a 5 Stelle è la concezione dell’uomo e del suo ruolo nella creazione come 'essere sociale' parte di una comunità che non esclude e non rottama nessuno in quanto tutti figli di un unico Padre (quel quarto non residuale da lei citato, direttore); e ciò che li separa dalla visione della politica dei vertici del Movimento è l’idea di bene comune e di democrazia.

E ciò mi pare emerga da entrambe le interviste. Il punto è un altro. Se i cattolici di centrodestra non riconoscono ad Alfano il merito di aver creato 'un albergo moderato' e non individuano figure affidabili nella 'corte berlusconiana', come ha sostenuto ieri qualche osservatore; se quelli di centrosinistra non riescono a scorgere un’anima sociale e a intravedere figure di riferimento nel Pd renziano; e tutti quelli stufi di votare 'turandosi il naso' vedono nei M5S se non un’alternativa credibile per il Governo del Paese un grimaldello per scardinare un sistema autoreferenziale e 'lontano' dai bisogni dei cittadini, vuol dire che l’offerta politica in campo è debole e insufficiente. E non copre neppure quel 18% di elettorato che ha votato al referendum costituzionale, ma non è andato alle urne nelle ultime tornate elettorali (amministrative, politiche ed europee).

Perciò occorre una proposta nuova, non necessariamente diversa dalle esistenti, ma basata su un progetto coerente e non raffazzonato, con prospettive chiare, capace di dare le risposte «umane e umanizzanti» – da lei, direttore, richiamate più volte in questi anni (e anche nella sua risposta di ieri a tre lettori) – su tutte le questioni centrali del nostro tempo: da quella occupazionale e sociale, passando per quella morale e democratica (che interpella tutti e in particolare la politica), senza ovviamente dimenticare quella economica e ambientale e infine, o per principio, quella educativa e antropologica.

Questioni che non possono essere affrontate singolarmente, e senza solidi punti di riferimento, sulle quali i 'cattolici italiani' hanno qualcosa da dire a buon diritto anche come cittadini e che alcuni hanno esposto di recente in varie pubblicazioni e incontri pubblici (ne sono testimone come curatore assieme a Nicola Graziani del volume 'Una buona stagione per l’Italia', uscito lo scorso anno nel 70° della pubblicazione del Codice di Camaldoli). Quello che manca oggi non è un partito confessionale, di cattolici o dei cattolici, ma una proposta politica nuova, da avanzare senza esitazioni da parte di quanti hanno a cuore lo sviluppo del Paese in un’ottica di bene che non esclude nessuno, in grado di rappresentare le istanze maggiormente avvertite dal ceto medio impoverito e dai soggetti più deboli.

Una proposta politica capace di confrontarsi in campo aperto, senza sudditanze psicologiche, e se occorre di promuovere le possibili convergenze tra le forze in campo. 5 Stelle compresi. Avendo chiaro che se è vero che le proposte dei grillini convergono spesso sul piano economico e sociale con quelle generate dalla cultura cattolica (e non viceversa se non altro per questioni di calendario), è anche vero – e dall’intervista di 'Avvenire' a Grillo emerge in modo chiaro, sebbene con meno durezza di un ancor recente passato – che sul piano antropologico le distanze sono nette e sul piano politico-istituzionale le divergenze sono di merito e di metodo. La concezione della politica e della democrazia del M5S, si pensi alla vicenda di Genova, mette in evidenza i punti deboli di una 'visione padronale' della rappresentanza che supera di gran lunga le pratiche di democrazia diretta che peraltro hanno il chiaro obiettivo di cancellare quel caposaldo della nostra Costituzione e della nostra cultura rappresentato dai corpi intermedi.

Una proposta politica di visione lunga, capace di rispondere a una domanda di buona rappresentanza che emerge dalla società italiana e dagli stessi «mondi cattolici», per superare l’«inerzia dell’individualismo assoluto e del dissenso totale» che paralizza la società e di riflesso anche le istituzioni.

*Direttore di Eptaforum

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