Gentile direttore,
sono la mamma di un ragazzo autistico di 19 anni che ha frequentato l’ultimo anno di Liceo artistico. Vista la pandemia e la frequenza anomala di mio figlio a scuola (da solo con il suo professore), ho chiesto di fargli ripetere l’anno scolastico. Mi sembrava una richiesta più che giustificata. Ma noi genitori dipendiamo dalle decisioni dei professori e dei dirigenti scolastici. Sono loro che decidono per noi, anche in momenti e passaggi così delicati. E la mia richiesta non è stata accettata. Perciò anche se mio figlio non si presentasse agli esami di Stato, sarebbe ugualmente promosso! Queste sono le regole. I normotipici possono decidere se ripetere l’anno oppure no; i disabili come mio figlio devono sottostare alle decisioni altrui. Se non è discriminazione questa! Morale: da settembre mio figlio sarà impegnato in un Centro di formazione professionale per 6 ore alla settimana, e il resto del tempo? Causa pandemia non è stato possibile trovare un percorso adeguato. Chi pensa, direttore, che pagherà per tutto questo?
Melissa La Scala
Non oso valutare ciò che non conosco e credo e spero che i responsabili del Liceo artistico frequentato da suo figlio autistico abbiano agito in scienza e coscienza. Ma la sua dolente testimonianza e la sua amara domanda finale mi colpiscono. E capisco che in esse non dà voce solo alla sua preoccupazione, ma al suo amore. E questo nessuna legge potrà mai interpretarlo e rispettarlo sino in fondo. L’unica morale che mi sento di trarre dalla sua lettera, gentile signora, è che “non bocciare” non significa necessariamente e per davvero “promuovere”. Vale per il suo ragazzo e per qualunque persona.