Caro direttore, per i poveri migranti annegati nel canale di Sicilia – i quali difficilmente verranno recuperati – altro che viaggi della speranza, si sono dimostrati tragedie senza precedenti! Adesso tutte le forze politiche, in maniera confusionaria, indicano la loro soluzione, soprattutto a livello europeo, ma nessun soggetto e nessuna istituzione prende definitivamente una iniziativa concreta e di rigore programmando un tavolo rapido d’intenti e interventi. Se queste sfortunate persone si chiamano in buona parte “rifugiati”, vuol dire che fuggono da “qualcosa”, ma tanti cittadini comuni da questo lato del Mediterraneo si pongono una banale domanda: «Questi profughi, che si suppone non siano dei terroristi, ma persone che cercano un po’ di pace e di benessere, pagano dai 1.500 ai 2.000 dollari a degli scafisti-schiavisti per imbarcarsi su gommoni e barconi e tentare di sbarcare a Lampedusa. Rischiano cioè la vita a caro prezzo. Ma non conviene che prendano un aereo o... altro mezzo che dovrebbe costare meno ed essere più sicuro?». Giro a lei la domanda.
Rolando Marchi, PadovaPrima di tutto, caro signor Marchi, le dico che spero davvero che domani, giovedì, la nuova riunione dei ministri europei responsabili della politica estera e di sicurezza si riveli quel fattivo “tavolo d’intenti e interventi” che lei invoca. Non ripeto, a questo proposito, cose cento volte scritte e argomentate, ma confermo di essere sempre più convinto dell’urgenza di una risposta esemplare per rigorosa fermezza (con coloro che anche lei chiama «scafisti-schiavisti») e per umanità (con i profughi) da parte della vecchia – e, purtroppo, è sempre meno un modo di dire – Europa. Ed eccomi subito alla domanda che lei mi gira, e che – lo so bene – non è solo sua. Ce lo siamo chiesto anche noi, anni fa, all’inizio di questa tragedia: perché i disperati delle carrette del mare non spendono la stessa cifra – alta anche per tanti italiani, esorbitante per una persona del “Sud del mondo” – per viaggiare in modo civile e sicuro verso la riva nord del Mediterraneo? Beh, la risposta c’è ed è durissima, soprattutto per noi europei. A questi uomini e donne la nostra indifferenza (cioè di governi e opinioni pubbliche non abbastanza informate) lascia solo la via peggiore. In altre parole, uomini e donne che potrebbero in molti casi essere accolti legalmente si rivolgono ai nuovi negrieri, ai trafficanti di esseri umani perché gli Stati (europei e africani), le Unioni (l’Unione Europea e l’Unione Africana) e l’Onu (diviso tra Agenzie, Fondi e Alti commissariati che fanno anche se non sempre in modo giusto, Segreteria Generale che predica molto e spesso bene, Consiglio sicurezza che non decide quasi mai) si auto-paralizzano e non attivano procedure e non aprono “sportelli” per finalmente governare i movimenti di “migrazione forzata” generati da guerre, persecuzioni religiose e politiche, illibertà e procurata miseria. Questo significa che i principali alleati dei capi-scafisti, dei boss delle tratta, siamo noi, anche noi italiani che pure – checché ne dica qualche inqualificabile politico – con l’operazione “Mare Nostrum” e con la tenace fedeltà alla “legge del mare” (nessuno va lasciato affogare) delle nostre popolazioni rivierasche e dei nostri marinai militari e civili ci siamo meritati l’ammirazione di mezzo mondo e la gratitudine del Papa. Va però smontato una volta per tutte quel meccanismo che usa i poveri per fare affari e moltiplicare i morti. Va smontato con sagge e buone scelte di politica estera e commerciale e di cooperazione allo sviluppo da parte della Ue e dell’intero mondo sviluppato. Scelte che agevolino la chiusura delle “fabbriche dei profughi” in Africa e in Asia. E con tutta la determinazione che serve per togliere ai mercanti di esseri umani il braccio di mare di cui si sono fatti padroni.