Caro direttore,abitualmente non leggo Avvenire; domenica 2 gennaio ho sentito a Radio3 Benedetta Tobagi; parlava dell’invidia e di un articolo del filosofo Salvatore Natoli pubblicato sul giornale da lei diretto. Interessato dall’argomento ho comprato e letto Avvenire, in particolare le pagine Agorà Idee. Dico subito che sono un operaio poco abituato a scrivere, ma ci tengo a far sapere che non sono d’accordo con quanto Natoli ha scritto sull’invidia. L’invidia è un’accusa che gli sfruttatori fanno da sempre agli sfruttati, la distruzione politica dello sfruttatore Berlusconi e del berlusconismo sarebbe una grande soddisfazione per l’invidioso. Perché poi s’invidia Berlusconi e non si invidia, ad esempio, Giorgio Napolitano? Cosa c’entra l’invidia con l’incapacità di sopportare il proprio limite naturale? L’invidioso dovrebbe allora invidiare anche Napolitano! L’invidia è solo colpa dell’invidioso e niente dell’invidiato? L’invidioso, a parer mio, vuole ciò che ha l’invidiato e che l’invidioso non ha. Berlusconi sì che è un invidioso, perché vuole ciò che hanno Giorgio Napolitano e George Clooney (presidenza della Repubblica e bellezza). Chi vuole distruggere politicamente Berlusconi e il berlusconismo non è invidioso, è uno che odia Berlusconi e il berlusconismo. L’invidia è un sentimento umano naturale: è naturale che un giovane basso, debole, brutto invidi un giovane alto, forte e bello. Ma l’invidia non va coltivata perché farebbe male, ma non va neppure negata ed esorcizzata: farebbe altrettanto male. L’odio è un’altra cosa, è un sano sentimento senza il quale non ci sarebbe la lotta per la libertà e per il comunismo del proletariato. Chi ama i popoli e odia gli oppressori dei popoli vive felicemente nell’ambito dei suoi angusti limiti naturali.
Francesco Moraldo, Sanremo (Im)
La ringrazio, gentile signor Moraldo, per la sua attenzione (sia pure episodica) e per la sua schiettezza. E, in ogni caso, i miei complimenti: sarà anche «poco abituato a scrivere», ma esprime con indubbia efficacia ciò che pensa. Trovo infatti stimolanti le sue riflessioni, ma per quanti sforzi faccia non riesco proprio a concepire l’odio come «sano sentimento». E qui vedo la radice del non componibile dissidio tra visione cristiana della vita e comunismo.