Caro direttore,
interessanti le posizioni sulle necessarie politiche per la famiglia delle «donne in politica» interpellate da “Avvenire” nell’edizione di sabato 6 gennaio 2018. A mio avviso, però, il servizio sarebbe stato più completo se alle intervistate si fosse chiesto quanti figli hanno. La loro situazione economica, anche come parlamentari, infatti, non avrebbe dovuto ostacolare la loro maternità. Un suggerimento: in occasione delle prossime elezioni faccia pubblicare anche questa informazione aggiuntiva sulle candidate donne: quanti figli hanno avuto. Non penso che sia una violazione della riservatezza. E agli elettori cristiani dico: cominciamo a non votare le donne che hanno meno di due figli. Ci servono testimoni e non chiacchieroni.
Francesco Zanatta, Brescia
So che lei, caro signor Zanatta, è animato dalle migliori intenzioni, e sono pienamente d’accordo che anche in politica «ci servono testimoni e non chiacchieroni». Eppure non riesco a trovare la sua proposta positiva e convincente. Credo infatti, come lei, e constato che la famiglia – e specialmente la famiglia con figli – sa ancora e sempre essere la culla (e un’essenziale scuola) di relazioni forti e di vita buona. Ma tutti noi sappiamo che la famiglia con figli non è l’unico “luogo” generativo – generativo di figli, ma anche di adulti responsabili che amano, accolgono e fanno crescere quegli stessi figli – che forma a quel sentimento del bene comune e alla salda volontà di custodirlo e accrescerlo che sono la base di una civile concittadinanza e che dovrebbero rappresentare anche le molle di un impegno politico degno di questo nome. Coloro che per davvero hanno caro il valore della famiglia, e che si rendono conto del ritardo del nostro Stato nell’impostare politiche che siano strutturalmente amiche dei nuclei con figli, non si trovano necessariamente (e solo) tra i padri e le madri di famiglia. Persone che hanno piena consapevolezza di tutto questo, e che si dimostrano capaci di generare e di far crescere, possono anche non essere (o non essere stati, per i più diversi motivi) in condizioni di mettere al mondo figli. Noi cristiani – e, tra i cristiani, noi cattolici – dovremmo saperlo meglio di altri, perché nelle nostre comunità, attraverso le persone in diversi modi consacrate a Dio e ai fratelli e sorelle in umanità, abbiamo esperienza di maternità e paternità straordinarie, vissute sia nella spiritualità sia nel dono di sé.
Non capisco, inoltre, perché le donne, e solo le donne e non anche gli uomini, che non abbiano avuto bambini non meriterebbero di essere votate. E meno che mai comprendo, gentile amico, perché una donna che dovesse aver dato alla luce, accudito e guidato un solo figlio – come la stragrande maggioranza delle madri italiane di questi ultimi decenni – a suo parere sarebbe da considerare incandidabile a ruoli legislativi e di governo. Sono padre di due figlie ormai grandi, e mi rendo conto che nell’Italia di oggi quanti hanno sperimentato la bellezza e la difficoltà del «fare famiglia», e magari famiglia numerosa, possano avere una speciale sensibilità e mettere in campo un’ovvia “competenza” in questa materia. E penso che, a qualsiasi proposito, sia bene ricercare il contributo di chi parla e agisce a ragione veduta. Anche per questo è così essenziale il formidabile e documentato pressing sui diversi partiti e movimenti condotto dal Forum delle associazioni familiari presieduto da Gigi De Palo. Ma tutti siamo stati e restiamo figli. E chiunque capisce che non c’è bisogno di essere medico o infermiere per avere chiara l’importanza di un Servizio sanitario nazionale efficiente, così come non è indispensabile essere insegnanti per comprendere quanto valga un altrettanto efficace sistema d’istruzione scolastica (e universitaria) e di formazione professionale...
Continueremo perciò a rivolgerci a tutti i politici, sposati o no, uomini o donne, con due figli o di meno o di più, chiedendo loro conto di ciò che hanno e non hanno fatto sinora, dei nuovi programmi elettorali che stanno presentando agli elettori e degli accordi che vanno stringendo. E insisteremo nel sottoporre loro la “priorità famiglia” e il “fattore famiglia”, nodi da sciogliere e risposte attese e utili che sulle pagine di “Avvenire” spieghiamo da almeno due decenni. Anni in cui un clima culturale e scelte socio-economiche per un verso “spensierati” e per l’altro opprimenti, tra ostentate miopie e presunzioni antinataliste e antifamiliari, hanno fatto sì che i figli venissero pensati e, per troppi italiani, diventassero di fatto un “lusso” che non sarebbe saggio permettersi. Un disastro umano e civile. Senza figli nessuna comunità e nessun Paese hanno futuro, e una classe politica che non si preoccupa di preparare il futuro tradisce la gente che rappresenta e guida. In Italia l’«inverno demografico» è a un punto tale che non ci sono più alternative: bisogna cambiare registro nelle politiche familiari, e bisogna farlo ora. Per questo, caro amico, di «chiacchieroni» non vogliamo più saperne.
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