Reuters
Egregio Presidente della Repubblica, Signor Sergio Mattarella
noi sottoscritti naviganti d’Italia, ci rivolgiamo a lei come massimo rappresentante del nostro Paese e nella responsabilità istituzionale e morale che le conferiscono il ruolo di capo delle Forze armate e di presidente del Consiglio superiore della magistratura per difendere l’onore civile e marinaro dell’Italia, messo a repentaglio da fatti e parole degli attuali governanti.
Auspichiamo che, nei modi propri, avvenga con urgenza ciò che la Signora Giorgia Meloni reclamò nei giorni del naufragio del 19 aprile 2015 nel Canale di Sicilia: “il governo sia indagato per strage colposa”. Ma lei, Signor Presidente, ci rincuori e sproni un’opera di verità e di giustizia. L’opinione pubblica internazionale ci sta già giudicando. L’onore si perde o si salva in poche ore con i fatti e con le parole, non si ripristina dopo anni nei tribunali.
I fatti: nessuna autorità – nessuna! – di una nazione opulenta del G7 e di nobili tradizioni marinare e di soccorso in mare ha impegnato i moderni mezzi tecnici e organizzativi a disposizione per stendere una mano verso quelle di decine di bambini, donne e uomini che stavano affogando in qualche metro d’acqua a due passi da una spiaggia italiana. Da quasi un giorno numerose autorità italiane sapevano quanto bastava per lanciare un’urgente operazione di ricerca e soccorso in mare (SAR), che però i governanti si sono rifiutati di lanciare. La Guardia costiera ha dichiarato che mezzi e personale erano pronti a partire in soccorso nelle condizioni di mare date, ben meno impegnative – a detta della Capitaneria di porto di Crotone - di quelle per le quali essa è addestrata e attrezzata. Ma invece di mandare soccorritori a salvare vite umane il governo ha solo mandato militari a caccia di criminali.
Le parole: mentre la spiaggia di Cutro era ancora coperta di cadaveri i governanti hanno dato la colpa dei morti ai morti, a Frontex, alla Unione Europea. Ma non a sé stessi. Mentre gli unici indagati sono persone che erano a bordo della barca naufragata, nessuno è ancora indagato per il delitto più vergognoso: omissione di soccorso in mare. Invece di parole di pietà e di scuse, i governanti hanno pronunciato parole empie, che hanno fatto il giro dei media internazionali: ”Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi cosa devo chiedere io al luogo in cui vivo ma cosa posso fare io per il Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso.” I governanti hanno addirittura definito “taxi di carne umana” le navi umanitarie. Hanno chiamato “carico residuale” - neanche fossero derrate - i naufraghi disperati e sofferenti a bordo delle navi umanitarie che l’esecutivo rifiuta di lasciar sbarcare nel porto più vicino e più sicuro, costringendoli, stremati, a molti giorni di inutile navigazione verso porti lontani, con un “decreto vergogna”, definito dai governanti “Decreto sicurezza”.
Signor Presidente, le consegniamo la nostra ferita e la nostra indignazione: gli atti e le parole dei governanti intaccano dolorosamente il mito di “Italiani brava gente” e di “un popolo di santi, poeti e navigatori” . Ma sia chiaro al mondo: l’onore intaccato dalla strage di Cutro è quello dei governanti, non quello di noi naviganti. Non la gente di mare, ma la gente di terra è responsabile di questa onta.
“Perché avete salvato dei nemici?” chiese il suo superiore, l’ammiraglio tedesco Dönitz, al Comandante Salvatore Todaro, che nel 1940, in Atlantico raccolse dentro al suo piccolo sommergibile a rischio suo e dell’equipaggio, i ventisei naufraghi della nave nemica che aveva affondato. “Perché noi Italiani abbiamo sulle spalle 2000 anni di civiltà”, rispose Todaro. Noi naviganti italiani trattiamo anche i nemici come esseri umani. Il governo italiano non tratti più gli esseri umani come nemici.
Firmatari promotori:
Marco Francesco Morosini
Micaela Malingri
Francesco Della Porta