L'eclissi del padre non è definitiva perché dalla paura si può imparare
mercoledì 19 marzo 2025

Il papà è come uno specchio. Il padre è l’arte di riflettere, perché il figlio mettendosi di fronte al papà ritrova la sua immagine, riconosce la sua propria identità, conferma il proprio “io”. Il padre riflette al figlio il suo nome, la sua storia e lo incoraggia a inaugurare sentieri non ancora battuti. Stare di fronte al proprio papà è un’affermazione di sé stessi, è da quella postura che s’impara a mettersi in piedi, a fare i primi passi e a scalare salite impervie. L’eclissi del padre, statistiche alla mano, è un dato oggettivo degli ultimi decenni. Gli studi testimoniano una presenza marginale, sbiadita, poco definita. Si tratta di una figura alla ricerca di una collocazione più chiara. Probabilmente il demone dell’individualismo si è ingoiato tutto, anche il ruolo paterno. Maschi adulti troppo concentrati su sé stessi, sui propri successi, alla rincorsa di sogni irrealizzati e di vie di fuga dalle responsabilità.

Padri alle prese con i loro impegni diventano figure pallide nel gioco dei ruoli. Sono padri immaturi che crescono figli smidollati. Il “politicamente corretto” ha sforato i propri confini minacciando la chiarezza dei ruoli, la solidità dei valori, l’affermazione delle differenze. Il grosso pericolo lo corrono i figli, rischiando di crescere come “bamboccioni”, allevati allo stato brado da social e fake news e ore ed ore sugli smartphone nelle proprie camerette. Sembra che nelle figure paterne scorra in modo impercettibile una vena di paura. Come se i papà di oggi avessero timore di assumersi la responsabilità dell’altro. Sono specchi ingialliti, incapaci di riflettere immagini nitide ai propri figli. Avere cura dei piccoli, di altre vite, sentirsi responsabili delle tappe di crescita dei propri figli è arte complessa, mette paura. Sporgersi sulla storia di una altro, a maggior ragione dei propri figli, fa tremare i polsi. Una via d’uscita da questo groviglio esistenziale esiste.

Ci sono i modelli, veri testimoni di figure paterne che possono fare da esempio ed incoraggiare a recuperare questo ruolo. I papà di oggi sono spaesati, ma non mancano figure esemplari, non perché eroiche, che possano essere un faro che segna la rotta. Lo stesso San Giuseppe era pure lui un fifone, nei testi sacri si afferma che “ebbe paura” e dovette fuggire dalle proprie sicurezze. Giuseppe convive con la paura, non si vergogna di prendere le distanze dal male e dal pericolo e smantella le tende per ricollocarle in luoghi più sicuri. Giuseppe è modello di Padre che nonostante la paura rimane nella propria storia, anche quando si fa incomprensibile e tutto diventa poco chiaro. Eppure rimane nel proprio ruolo. Ci sono testimonianze luminose di padri che non si sono fatti inchiodare dalla paura di avere figli imperfetti, affetti da sindrome rare, da disturbi neurologici. In qualche parco s’intravedono papà in tuta che di domenica mattina corrono insieme al figlio con il disturbo dello spettro autistico.

Di tanto in tanto negli ospedali si affacciano genitori affidatari di bimbi in stato di abbandono. Vuoi che il papà non abbia paura di adottare un bimbo abbandonato? Sì ha paura, ma non si lascia paralizzare dall’angoscia, non permette al timore di prendere il sopravvento. Questi testimoni ci aprono una strada possibile perché «padri non si nasce, lo si diventa», dice Papa Francesco. S’impara l’arte di riflettere alla scuola della paura e della fragilità, per essere specchio autentico per i propri figli. L’eclissi è un fenomeno naturale passeggero, aspettiamo che finisca per riscoprire la bellezza velata. Ogni figlio ritrovi il suo papà ed ogni padre fifone rimanga nell’amore dei figli.

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