Le regole del voto si fanno insieme. E nel dibattito serve misura
giovedì 8 giugno 2017

Gentile direttore,

il presidente emerito della Repubblica Napolitano stigmatizza l’accordo tra i quattro maggiori partiti per arrivare ad approvare una legge elettorale condivisa, accusandoli di farlo per interesse politico. Ricordo che Napolitano ha assistito impassibile all’approvazione di una legge elettorale a colpi di fiducia, che poi è stata dichiarata incostituzionale, non capisco quindi il senso del suo intervento che sicuramente contribuisce ad aumentare la confusione e ad allontanare i cittadini dalla politica.

Pietro Balugani

Caro direttore,

un presidente della Repubblica ottuagenario accetta il reincarico nello stesso anno in cui un Papa di due anni più giovane si dimette? Oggi, (quattro anni dopo) dimessosi anch’egli, deplora come abnorme la relativa influenza politica di un accordo tra i leader dei quattro maggiori partiti: espressione complessivamente di ben più dei due terzi dei voti elettorali e parlamentari? L’Italia, dopo il 4 dicembre scorso, è semplicemente rimasta una Repubblica parlamentare.

Matteo Maria Martinoli

Non darei nulla di scontato nel cammino della nuova, necessaria e possibile riforma delle regole per l’elezione dei due rami del Parlamento. Le luci e le ombre del testo concordato (o quasi) tra le quattro principali forze politico-parlamentari sono note e i giochi in corso evidenti. Ma ho chiaro, cari amici lettori, che c’è un Presidente della Repubblica in carica che a fine aprile, con finezza di merito e con saggezza istituzionale, aveva messo deputati e senatori davanti alla responsabilità di assicurare con urgenza ai cittadini uno strumento utile per esercitare il potere di scelta della propria rappresentanza e per creare le premesse di una decente stabilità di governo. Ho ascoltato e seguito, a suo tempo, con rispetto e libera attenzione (a volte convenendo, altre no) il presidente Napolitano, non ho dubbi sul fatto che oggi la stessa attenzione vada concentrata sulla vigile azione di garanzia svolta dal presidente Mattarella. L’unica che conta. Il resto è libero dibattito e libero lavoro parlamentare, l’uno e l’altro però li vorrei sempre condotti con senso della misura e dell’interesse generale. Personalmente, poi, sono da sempre convinto che l’unico metodo giusto per dar vita a una legge elettorale sia quello di perseguire un ampio accordo tra partiti di maggioranza e di opposizione. Tutti, o comunque la maggior parte. Mi rendo conto, ovviamente, che questo non basterà mai ad assicurare la qualità del risultato, ma senza un’intesa larga e onesta (anche verso chi non vi dovesse partecipare) le presunzioni sarebbero più stridenti, gli errori più facili, il fallimento più certo. L’ho, e l’abbiamo, visto.

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