Quasi ad abbracciare il mondo che soffre, papa Francesco ha ricordato nei giorni del Natale le piaghe che affliggono l’umanità, e che negli ultimi anni si sono moltiplicate, fin quasi a far perdere ad alcuni la speranza.
Nel messaggio Urbi et orbi del 25 dicembre il Pontefice ha richiamato le infinite guerre che si combattono in tante parti del pianeta e lacerano popoli e nazioni per conflitti interni, per i fondamentalismi che si scatenano, per il potere del denaro che tutto corrompe e guida più o meno direttamente le scelte di alcuni Stati. I luoghi della guerra non si contano più, dalla Siria martoriata e ridotta in tanti pezzi ostili l’uno all’altro alle terre d’Africa nel Sud Sudan, all’Iraq, la Libia, lo Yemen, fino alla Nigeria «dove il terrorismo fondamentalista sfrutta anche i bambini per perpetrare orrore e morte».
Ai bambini in particolare si è rivolto il pensiero di papa Francesco quando ha ricordato a tutti noi i più piccoli che nel mondo non trovano il calore e la tenerezza di una mamma e di un papà ma solo desolazione, abbandono, rifugi insicuri dalle guerre, dallo sfruttamento, dalla miseria.
Infine, il giorno di Santo Stefano l’appello accorato del Papa, che evoca uno analogo del Natale del 2015, ha ricordato e abbracciato i martiri cristiani che in tanti luoghi della terra subiscono violenza, persecuzioni, morte, per un carico di odio che si riversa come e più che nei primi secoli del cristianesimo su quella luce che la nascita di Gesù ha portato all'umanità per illuminarla e farla incamminare sulla via della speranza.Queste grandi piaghe che affliggono l’umanità sono la raffigurazione realistica del mondo di oggi che non riesce a liberarsi dei mali più profondi che negli ultimi anni crescono di continuo anziché diminuire. Si tratta di mali che rischiano di spegnere poco alla volta quella speranza che si era sviluppata nel secondo Novecento con la fine dei totalitarismi, con l’aprirsi dell’era dei Diritti umani proclamati con tanta solennità dalle istituzioni internazionali, a cominciare dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Dall’Iraq e dalla Siria si sono levati da tempo gli appelli delle autorità religiose che hanno ricordato di essere stati «abbandonati da tutti, non c’è violenza o reato che non sia stato compiuto contro di noi, intere comunità sono a rischio di estinzione se non si interviene per ripristinare una condizione di pace e di rispetto minimo per i credenti». Oggi, queste comunità celebrano i riti del Natale sulle macerie di una guerra che non ha risparmiato nessuno, e di cui si attende ancora una conclusione vera. Altrove, come in Nigeria, non ci sono nemmeno le macerie, perché prosegue la guerriglia di gruppi fondamentalismi che razziano, uccidono, vendono schiavi, senza che nessuna autorità internazionale abbia saputo porvi rimedio, o fatto alcunché per far cessare lo scempio.
La responsabilità delle istituzioni internazionali, più volte evocate e incoraggiate dal Papa e da altre autorità religiose a intervenire con i proporzionati strumenti di persuasione loro propri, oggi è grande perché non riescono a salvaguardare la pace, a volte assistono inermi alle più gravi e massive violazioni dei diritti umani di intere popolazioni. Ed è tanto più grave perché oggi si sa tutto, si vede ogni cosa anche sullo schermo televisivo, e tante situazioni gravi sono denunciate da importanti atti nazionali e internazionali. Ancora il 17 dicembre 2015 il Parlamento Europeo ha documentato con un’importante Risoluzione la continua e diffusa violazione della libertà religiosa che si realizza da tempo in tanti luoghi e Paesi con violenze che giungono fino alla morte. E nel giugno del 2016 è stato discusso al Parlamento Tedesco il "Rapporto del Governo federale sulla situazione mondiale della libertà religiosa nel mondo", nel quale oltre all'indicazione delle pratiche più violente contro i credenti si denuncia quel substrato di ostilità verso la libertà religiosa presente in tanti ordinamenti, in spregio alla Carta delle Nazioni Unite e dei Diritti umani universalmente riconosciuti.
L’elenco delle denunce e dei documenti che ne forniscono le prove è lungo, dai rapporti di Aiuto alla Chiesa che soffre, a quelli di Amnesty International, al più recente Rapporto del Dipartimento di Stato Usa sulla libertà religiosa nel mondo per il 2015, abbiamo un quadro drammatico delle sofferenze dei credenti, e dei cristiani in primo luogo, in ogni parte del mondo. Eppure non si riesce ancora oggi ad avviare un’iniziativa internazionale forte che impegni gli Stati e porre termine a persecuzioni, violenze, contro le comunità religiose, a impegnarsi per il futuro al rispetto della loro libertà, ad accettare (come in altri casi analoghi) il controllo delle istituzioni internazionali.
Anche sulla base di questa realtà, parlando a un Convegno al Senato della Repubblica il 5 maggio 2016, l’allora ministro degli Esteri e attuale premier Paolo Gentiloni ha affermato che ci troviamo di fronte a un contesto «in cui l’attacco alla libertà religiosa ha dimensioni con pochi precedenti nella nostra storia», e ha aggiunto che «la difesa della libertà religiosa è uno dei cardini della politica estera di un paese come l’Italia».
Una riflessione specifica va fatta sulla questione dell’immigrazione che coinvolge milioni di persone che fuggono dalla fame, dalle guerre, dall’insicurezza per sé e la propria famiglia, e riguarda la nostra Europa. Dove spicca il meritorio e lungimirante atteggiamento dell’Italia che ha salvato tante vite e ha accolto un gran numero di migranti e rifugiati, ma si registra anche l’incertezza e l’assenza di scelte coraggiose di altri Paesi.
I quali non trovano la forza morale e politica per concordare un piano di accoglienza e redistribuzione che renda meno precaria la situazione per i migranti, i rifugiati, tra i quali si trovano migliaia e migliaia di bambini, del tutto incerti sulla propria destinazione, sul proprio futuro immediato. Anche in questo caso, tutto è noto e conosciuto, ma le decisioni di carattere strategico tardano a venire, mentre si presentano in diversa forma, egoismi e opportunismi nazionali, rifiuti e chiusure che in qualche modo alimentano sentimenti xenofobi di alcune forze politiche. Riguardate, allora, alla luce di ciò che vediamo davanti a noi ogni giorno, le parole di Papa Francesco, legate all'evento del Natale che ispira e propone accoglienza e pace, costituiscono forse l’appello più realistico e storicamente concreto lanciato agli uomini e a coloro che governano il mondo, che chiede e propone a tutti, nessuno escluso, di impegnarsi perché si riducano e si cancellino le piaghe che affliggono l’umanità.